Gioacchino Stulli

Vocabolario italiano-illirico-latino​

Přední strana obálky
Joakim Stulić
Presso A. Martecchini, 1810
https://books.google.cz/books?id=LJpHAQAAMAAJ&printsec=frontcover#v=onepage&q&f=true

Predgovor

A SUA ECCELLENZA

I L SIGNOR MARESCIALLO DELL'IMPERO AUGUSTO MARMONT DUCA DI RAGUSA GOVERNATORE GENERALE DELLE PROVINCIE ILLIRICHE GRANDAQUILA DELLA LEGIONE D'ONORE COMMENDATORE DEL REALE ORDINE DELLA CORONA DI FERRO GRANCROCE DELL'ORDINE DELLA FEDELTA' DI WIRTEMBERG EC,

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IL
GIOACCHINO STULLI
•MINORE OSSERVANTE RAGUSEO.

MONSIGNORE.

L Dizionario Italiano-Illirico-Latino, che io vi presento, e che porta il vostro nome in fronte, è un dono, che voi fate a tutta la nazione Illirica. Un' Opera cotanto voluminosa non poteva vedere la luce del giorno senza un possente, e generoso Mecenate. Benchè alla testa di poderosa armata, ed avvolto fra le ardue cure di Go verno voi fin dal vostro primo arrivo in Dalmazia non perdeste di mira la maggior coltura, e perfezione della lingua Illirica. In vista di cosi generosa propensione verso la letteratura deg Illirici io ebbi il coraggio di rivolgermi a voi, e ritrovai nella vostra persona incoraggimento, e protezione. In età di ottanta anni, cinquanta dei
quali aveva io speso fra lunghe veglie, e disastrose peregrinazioni per remote provincie, e regni, onde arrichire il mio Dizionario, nulla tanto mi stava a cuore, quanto il poterlo pubblicare. Non mi si mostrava però alcun raggio di speranza per venire a capo de' miei desiderj. Le stesse circostanze dei tempi, e del luogo sembravano esser del tutto contrarie alla grande intrapresa. Il Cielo inaspettatamente sorrise a'miei voti. Tutte le dificoltà sparirono innanzi a voi; ne fu per vostro ordine combinato il piano; si mise mano all'opera; ed ecco, che dopo due anni voi mi porgete l'inesprimibile consolazione di vedere, prima di far punto a questa vita mortale, effettuato, e compiuto ciò, verso di che anelavano incessantemente le brame del mio cuore. Voi potete, Monsignore, da ciò comprendere i sentimenti della profonda gratitudine, da cui mi sento vivamente penetrato.
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Ma alle mie particolari obbligazioni si aggiungono ben anche quelle di tutti i popoli, che in tanti reami, e provincie parlano la lingua Illirica, o Slava I miei nazionali svolgendo gli annali patrii rimarranno certamente attoniti come voi con sì piccol numero di Soldati in confronto di potente esercito nemico vi siate aperto libero il passo per la Croazia, e come, trionfando delle difficoltà del luogo, della fame, della sete, e delle ferite onoratamente riportate in sul campo di battaglia, da una distanza così grande abbiate saputo, mercè delle vostre rapide operazioni, diventare la vanguardia della grande Armata, e cooperare da forte al buon esito delle memorande battaglie di Wagram e di Zuaim. Ma non sarà minore la lor maraviglia, e stupore quando leggeranno, che ritornato nell' Illirico insignito dell'alto grado di Maresciallo dell' Impero, ed in qualità di Governatore Generale delle Provincie Illiriche ridonaste la calma ai popoli, e riassumeste coll'istesso ardore di prima il patrocinio delle lettere, e dei letterati. Si se da un canto si celebreranno quelle eroiche gesta, che vi portarono al colmo degli onori, e vi meritarono la confidenza dell' Augusto Sovrano a prò della nostra nazione; dall' altro si dirà, che voi fissaste il primo l'epoca della vera coltura della lingua Illirica. Infatti voi faceste nascere la grammatica di questa lingua, che ne è come la chiave, ed ora sotto i vostri auspizj si pubblica questo lessico, che ne comprende, ed abbraccia tutta la ricchezza dei vocaboli. Tali sono i titoli di privata, e pubblica riconoscenza, che voi avete acquistato sull' animo degli abitanti delle Provincie Illiriche. Sicuro frattanto della particolar bontà, e degnazione, con cui riguarderete questo mio qualunque siasi lavoro, e moso, che le popolazioni Illiriche abbiano la sorte di godere lungamente della vostra benefica presenzd ho Ponore di rassegnare a V. E. V omaggio della mia profonda stima, e vene razione.
....

DELL' ANALOGIA DELLA LINGUA
DEGLI ANTICHI POPOLI DELL' ASIA MINORE
CON LA LINGUA DEI POPOLI ANTICHI
E RECENTI DELLA TRACIA E DELL' ILLIRICO.
PREFAZIONE

Del P. Francesco Maria Appendini delle Scuole Pie, Rettore del Liceo
di Ragusa.

L'Europa si reputa da gran tempo la sede della coltura, e della civiltà, ma l' Asia,

sotto qualunque aspetto voglia riguardarsi, avrà sempre in ogni cosa il primo vanto.

Ebbe nell' Asia la sua culla il genere umano, e Dio vi dichiarò la sua volontà, e la sua potenza. Là sorsero i primi regni, e le prime repubbliche, la religione naturale, e la rivelata, la superstizione, e gli empj culti, la scienza, e la filosofia. Di là non solo l' Europa, ma le altre parti ancora dell' universo ricevettero i loro primi abitanti colla cognizione di Dio, e delle prime arti, e scienze.

Il Filologo, che brama di rimontare alle vere origini delle antiche nazioni Europee, da cui sono discese le moderne, ha bisogno, per fare il primo passo, di andare in cerca di luce sino nell' Asia. I più grandi, e distinti popoli di Europa sanno per tradizione, che di la ebbero i loro antenati. Infatti se gl' Italiani ci additano per loro progenitrice l'antica gente della Lidia, e della Troade, i Francesi, gli Spagnuoli, i Germani, e le altre nazioni del Nord si vantano di discendere dai Celti, dagli Sciti, dai Cimerj, e da quelle altre genti, che soggiornavano al di là del Ponto Eussino. Tale infatti fu la marcia dei primi popolatori di Europa.

Ma per ritrovare i progenitori dei Traci, é degl' Illirici non fa già d'uopo di percorrere tutta l'Asia, e di accingersi ad un viaggio quattro volte maggiore di quello, che se si percorresse tutta l' Europa. Basterà di raggirarsi per quella parte sola dell' Asia, che formando come un istmo di una grande penisola ristretta fra due mari (a) confina a Settentrone col Ponto Eussino, a Ponente cel mare Egeo, o Arcipelago, ed a Mezzo giorno col mare Mediterraneo. Tutta questa estensione di paese, che sotto il dominio de' Turchi dividesi ora nelle tre grandi provincie dette Chiutale, Sarco, e Germian comprese sotto il nome di Natolia, abbracciava un tempo la Frigia, la Misia, la Lidia, e la Caria, e, lungo il lido dell' Egeo, l' Eolide, la Gionia, e la Doride popolate dopo la guerra di Troja da colonie Greche.

Questo istesso tratto di terra racchiuso fra il Ponto, l'Egeo, ed il Mediterraneo coll'aggiunta della Bitinia, della Galazia, e della Paflagonia, che alcuni Geografi meritamente ascrissero all' Asia minore, fu come il teatro di quanto di più bello, e di più strepitoso si opero dagli antichi. La guerra di Troja non sarà forse stata precisamente come cela dipinge il divino Omero. Non si può però dubitare, che ella non segni la prima, e la più grande epoca dell' Eroismo. Essa ebbe luogo in quelle celeberrime contrade.

Ma qual regno, quale provincia, quale città, qual piano, qual monte, qual fiume, e qual porto, o seno di mare ad ogni passo non ci ricorda nell' Asia minore i Cresi, gli
(a) Strab. 1. 11., & Plin. l. 6. c. 2.

gli Attali, gli Eumeni, i Darj, i Sersi, i Temistocli, i Filippi, gli Alessandri, gli Antigoni, i Lisimachi, gli Antiochi ed i Scipioni, e, dai Re, e Conquistatori passando agli uomini di lettere, gli Omeri, gli Erodoti, i Bianti, i Dionigi, gli Esopi, gli Apollonj, gli Anasimandri, i Taleti, gli Epitteti, gl' Ippocrati, ed i Galeni?

Non si dee finalmente omettere un'altra circostanza, che grande lustro arreca, e nobiltà all' Asia minore, ed è, che essa conteneva le sette Chiese dei primi Cristiani nelle di lei sette più cospicue, e popolate città, siccome lo attesta S. Giovanni nella sua Apocalisse (a).

Ora nel pigliare di mira in quelle cotanto rinomate contrade l'antica lingua dei Frigj io mi propongo un doppio scopo, di fare cioè primieramente vedere quali popoli dalla Tracia, dalla Macedonia, e dall' Illirico passassero un giorno nell' Asia minore, e di mostrare quindi sotto varj aspetti, che l'odierna favella degli Slavo-Illirici era la dominante in quel paese. So, che siffatti argomenti, essendo di lor natura incapaci di ogni vezzo, e grazia di elocuzione, incontrano pochissimi, che vi applaudano, e li degnino di qualche loro sguardo; ma, ove essi, presentando delle nuove vedute, contengano delle verità, da ciò non si proverà mai, che siano argomenti inutili, e che si debba preferire ad essi materie di mero diletto, e solleticamento.

L'antichità dei Frigj, sotto il di cui nome si comprendevano quasi tutti i popoli dell' Asia minore, fu universalmente riconosciuta in tutti i tempi. Gli stessi Egiziani, che con sì alto dispregio delle altre nazioni si andavano gloriando di una antichità sterminata, a tempo del loro Re Psametico (6) diedero ai Frigj la preferenza, contentandosi di essere i secondi dopo di loro. I Romani riconobbero posteriormente anche essi i Frigj come uno dei popoli primitivi (c). Quindi è, che Giosèffo Ebreo (d), S. Girolamo (e), ed il Boccarto (f) colla scorta eziandio della istessa S. Scrittura hanno fatto da bel principio popolare la Frigia da Gomer figlio di Giafeto, e da Togarma figliuolo di Gomero. Erodoto all' opposto (g), Strabone (h), Plinio (i), ed Eustazio (k) portatono opinione, che i Frigj dell' Asia minore da quelli Frigj, o Brigj discendessero, che avevano stanza nell' Illirico, e nella Macedonia. Gli autori Inglesi (1) nella loro storia universale sembrano opporsi al grande Strabone; ma indarno. l'erciocchè alle ragioni, che adduce il principe dei Geografi, potendosi ora aggiungere de' monumenti di lingua quanto veridici, altrettanto sino al presente non attesi, e sconosciuti, si viene con ciò felicemente a provare, che i Frigj dell' Asia erano dell' istessa origine di quelli dell' Europa.

E primieramente ella è cosa fuor di dubbio, che nell' Illirico, e nella Macedonia furonvi anticamente dei popoli col nome di Frigj, o Brigj, attestandocelo Scimno Chio (m), e Strabone (n). Nella Macedonia, dove essa confinava colla Tracia, e coll' Illirico, esisteva un tempo una città chiamata Brygium, ed un popolo col nome di Bryges; e sui confini occidentali della Liburnia, eravi, al dir di Apollonio Rodio (o), un'altra popolazione col nome altresì di Bryges, o Phryges.

Erodoto parlando di quelli, che risiedevano sopra l' Adria, e non lungi da Durazzo, ed ai posteri dei quali da il vanto di avere sconfitto Mardonio Generale di Dario,
ci
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ci racconta, che, passati nell' Asia minore, cangiarono il nome di Brigi in quello di Frigi (a).

Con Erodoto poi va d'accordo Strabone (6), il quale non fa soltanto emigrar dalla Tracia nell' Asia i Frigj, ma molti altri popoli ancora. I Geti, egli dice, abitavano lungo l'una, e l'altra riva dell' Istro, siccome i Misj, che erano anche essi della Tracia. Quei Misj (dell' Asia), che ora soggiornano fra i Lidj, i Frigj, ed i Trojani, si dipartirono da questi Misj (dell' Europa). Che anzi gli stessi Frigj sono i Brigj della Tracia, siccome ancora i Migdoni, i Bebrici, i Medo-Bitini, i Bitini, i Tini, e, come io son di avviso, anche i Mariandini. E tutti questi popoli abbandonarono l' Europa. Eustazio sull'autorità di Arriano (c) dividendo i Traci in Traci Europei, ed Asiatici sotto la scorta di un tal Pataro dall' Europa fa andare i primi in Asia, e, dopo aver essi vinti, e discacciati i Cimerj, che io credo essere stati i Bebrici, ci dice, che si fermarono, e si stabilirono nella Bitinia. Porfirogenito avverte (d), che il paese abitato dai Traci, o Tracesj, come esso li chiama, era propriamente quella regione, che una volta, e da bel principio l' Asia minore si appellava. E, dopo averci indicati i Lidj, i Meoni, i Carj, i Gionj, ed i Frigj, afferma (e), che tali popoli Tracesj si nominavano, perchè oriundi della Tracia. Finalmente Erodoto parlando dei popoli soggiogati da Creso (f), e dei tributi da Dario imposti alle nazioni Asiatiche (g) riconosce i Frigj nell' Asia minore.

Ma prima di discendere a quelle particolarità, colle quali si può provare, che i Frigj, i Misj, e gli altri popoli di sopra accennati erano realmente di Tracia origine, non posso omettere un argomento, di cui meritamente fece gran caso Strabone. Questo Geografo, a cui nulla sfuggiva nel ravvicinare i popoli, e le nazioni antiche al vero loro stipite, confrontando i nomi, e le appellazioni della Tracia con quelli della Frigia, o piuttosto dell' Asia minore, ne ritrova una quantità tale di simili, che o da un popolo hanno dovuto passare all' altro, ovvero nella Tracia, e nell' Asia minore, ciò, che io credo più verisimile, era in fiore la medesima lingua. Perciocchè non si saprebbe concepire, che l' analogia di tanti nomi si debba fortuitamente attribuire all'opera del caso. Un popolo, un muro, un fiume distinti col nome di Scei appo i Traci, i Xantj popolazione Tracia, il fiume Arisba, che si precipita nell'Ebro, e Reso Re dei Traci fannoci ricordare nella Frigia le porte Scee della città di Troja, il fiume Xanto, la città di Arisba nella Troade, ed il fiume Reso presso Troja (h). Un certo Asio con
dot
(a) Phryges, qui, ut Macedones ajunt,
tandiu vocati sunt Bryges, quamdiu Europei fuerunt Macedonum accola;
co nomen immutavere in Phryges.
Lib. 7.
(6) Lib. 7.
appellatur, olim quidem, & ab initio Asia minor dicebatur. Them. 3. (V. Græc.)
transgressique in Asiam una cum lo- (e) Universum vero Thracesiorum Thema
c) Thraces quoque alii Asiani, alii Europei sunt, si fidem historie Arriani adhibeamus, quo loco, quemadmodum, ait, Phryges, & Mysi, ita Thraces ab Europa profecti in Asiam, quodam Pataro duce, quo tempore & Cimmerii Asiam percurrerunt, quibus ejectis ex Bithynia Thraces se in eodem loco suffecerunt. Com. 41. (V. Grac. 11. 30.)

(d) Quod vero nunc Thracesiorum Thema
hisce gentibus constat, Lydis, Mo-
nibus, Caribus, Ionibus, atque Jones
quidem nuncupantur, qui Miletum, &
Ephesum incolunt, qui vero mediter-
ranea habitant Sardiani, Lydi, Mao-
nes, & Cares, & minoris Phrygia
incole. Atque ita se habent Thrace-
sii
Thracesii autem appellati
sunt, quod ex Thracum regione orti
essent. Ibid.
....
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dottiero delle truppe dell' Ellesponto (a), che vola in soccorso dei Trojani contro de' Greci, ci richiama alla memoria il Frigio Asio avolo di Etore (6). E quando si pen38, che vi era una Dardania in Europa, ed un'altra nell' Asia; una Larissa nella Tessaglia, un'altra presso l'Ebro in riva al Ponto nella Tracia, e due altre presso i Frigj Asiatici anche esse città assai ragguardevoli (c); una città della Tracia col nome di Frigia sulle sponde dell' Ellesponto, Frigia provincia dell' Asia; i Magnesj popolo dell' Asia presso al fiume Meandro, che, secondo Strabone (d), derivavano dai Magneti della Tessaglia, e di Creta, ed infine tante altre appellazioni Geografiche, che possonsi riscontrare presso gli antichi scrittori, non si può certamente non ravvisare una comu ne origine fra cotesti due popoli.

E quanto all'addotto nome di Dardania Europea, ed Asiatica pongasi mente a ciò, che si racconta dagli antichi intorno al Re Mida, e cesserà in noi lo stupore, che ci arreca la somiglianza di tanti nomi. Mida era Europeo, e Re dei Dardani Traco-Illirici. Oltre a Sallustio (e), vi è Giustino (f), che lo fa pure Re dei Frigj, o Brigj Macedoni, che erano confinanti coi Dardani. Conone (g) parlando di Mida si mostra dell'istesso sentimento di Sallustio, e di Giustino. Ma Ateneo (h) c'indica perfino la posizione dei luoghi, dove dicesi aver regnato nell' Illirico, o Dardania Tracia, la quale abbracciava in quelli antichi tempi la Rascia, la Servia, e la Bossina d'oggidì. Licofrone finalmente sebbene lo riconoscesse per Re della Frigia Asiatica, tuttavia in più luoghi lo fa Trace di origine. l'erciocchè lo incolpa di aver dato il guasto al suo paese nativo (i), cioè alla Tracia per aver voluto vendicare l'uccisione della propria sorella. Giovanni Tzteze commentando Licofrone c'insegna (k), che il poeta parla propriamente di questo Mida, che dall' Europa disceso in Asia percorse poscia, e saccheggio molte contrade della Tracia, che gli fu madre e nutrice.

Dopo di ciò ogni cosa c'induce a credere, che questo Mida sino dalla più alta antichità fu il primo, che condusse nell' Asia minore una colonia dei Brigi, o Frigj Traco-Macedoni, o avvenisse ciò, perchè Mida fosse vago di conquiste, ovvero perchè discacciato, come crede Giustino (1), dalla Dardania Europea fosse costretto ricovrarsi nell' Asia. La vicinanza dei due continenti divisi dal solo stretto dell' Ellesponto, la facilità, con cui fra gli antichi popoli benchè agnati, e limitrofi si accendevano delle guerre le più fiere, e micidiali, ed una abbondanza così grande di nomi simili in coteste due regioni ci rende certo il passaggio di Mida colla sua colonia di Brigi, o Dardani nell' Asia, e le rivalità, ed i saccheggi, che esercito poscia l'istesso Mida contro i Traci, ed i Frigj dell' Europa (m).

Un

ces quidam, & Sceus fluvius, & (h) Et Midam Phrygium dicit Theopom

Sceus murus, & in Troja Scad por

ta; Xanthii Thraces, Xantus Troje amnis. Arisba in Hebrum incidens, Arisha in Troja. Rhesus Troje fluvius, & Thracum Rex Rhesus. Lib. 13.

pus fontem vino miscuisse, quando Silenum capere per ebrietatem voluit, qui fons est medius inter Medos, Peones, Innaque nominatur. Lib. 2.

C. 2.

(a) Strab. Ibid.
(6) Homer. Iliad. l. 5.
(c) In Arrian. Perip.

(i) Phryx autem (Mida) Sororis perse-
quens cædem nutricem rursum perdet
vicissim terram. V. 1395.
De Mida loquitur, qui multas paries
Thraciæ (suæ olim nutricis, ac ma-
tris) percurrit, atque vastavit.

(d) Pagus est Carie Thymbria.... su-(k) pra sita est Magnesia, quæ ad Meandrum usurpatur, Colonia Magnetum Thessalicorum, & Cretensium. Lib. 14.

(e) In Frag. ex Servio. (f) Lib. 11. с. 7.

(g) Apud Photium Cod. 186.

(1) Ubi supra.

(m) Post Avus meus Thracie vastans agrum, Aryumque Eordorum, & Galadreum solum, terminos fixit circa Penei
 
Un altra prova non meno diretta sull' agnazione di questi popoli io la ritrovo nell' Illirica interpretazione del vocabolo Frigia. Dagli antichi (a) quella parte dell' Asia minore, che è irrigata dai fiumi Caistro, e Meandro, e che fu poi cognominata Frigia, ci viene descritta come un paese sterile, arso, e ripieno di bitume, e di altre materie combustibili. Fu perciò cognominata l'arsa, o l'abbrucciata. Il Boccarto ci fa osservare, che nella S. Scrittura per Gomer (6) si deve intendere la Frigia, e che la Greca voce Frigia è una pura traduzione dell' Ebrajca Gomer, che vale brucciare, consumare. Ma Clemente Grubissich (c) ha già dimostrato, che il vocabolo Frigia non deve altrimenti ripetersi dal Greco φρύμων, ma bensì dal Tracio-Illirico vruchi, vruchja, vrugia, o vrigia, che ha l'istesso senso di Gomer, cioè di terra arsa, ed abbrucciata. Plutarco poi c'insegna (d), che le lettere b, f, o ph, ed v sono tra di loro affini a segno, che i Traci, ed i Macedoni in vece di Filippo pronunciavano Bilippo. E'egualmente certo, che ilu (y) ed y (g) si cangiano in i, e c, secondo la varietà dei dialetti, e dei climi. Quindi è, che gli Ungari dalla voce vruch dissero forro, come gli Italiani fecero brucciato, o bruggiato ritenendo l'istessa significazione.

Ma si va ancor più oltre. Vi era nella Frigia una regione, o provincia, un fiume, ed un lago, che tra i Frigj portava il nome di Ascania, e presso gli Ebrei quello di Gomer (e). Ascania, qualora se ne derivi la radicale dall' Illirico, ha precisamente l' istesso significato di Frigia, e di Gomer. Perciocchè uscano, osgano, o ascano (le vocali in varj nomi si cangiano a tenor dei varj dialetti) vale acceso, arso, abbrucciato nel dialetto della Dalmazia (f). In quello dei Ragusei sono tuttora in uso uzkano, ed ustaknuto, o ustaknieno participi dei verbi uskatti, o uzkatti, provocare, o aizzare uno al fuoco dello sdegno, o attizzare il fuoco.

Tito Livio (g) ci fa pur menzione di una città per nome Uscana nell' Epiro in vicinanza della palude Licnida, o del lago di Ocrida. Egli è poi indubitato, giacchè celo dice Strabone (h), che i contorni dell' Uscana Illirica erano abitati dai Brigj, o Frigj Macedoni, come la regione Ascania dell' Asia, dove esisteva il fiume, ed il lago Ascanio, era abitato dai Frigj Asiatici. Anzi è pur cosa da osservarsi, che i Greci colla voce λύκως (lychnis), con cui chiamavano il lago di Ocrida palude Lichnida, rapporto al significato combinavano coll'idea dell' Uscana degl' Illirici, giacchè lychnis denota lucerna, o face accesa. Il nome adunque di Ascania appresso i Frigj Asiatici significava appunto ciò, che intendevano gli Ebrei per la loro voce Gomer, e gl' Illirict per quella di Uscana.

Sebbene, qualunque sia la deferenza da aversi all' autorità del Boccarto, gl'intelligenti dell' idioma Illirico trovano con maggior sicurezza, e verisimiglianza l'etimologia dei Brigj, o Frigj Asiatici, ed Europei nel vocabolo brigh, bregh, brjegh, e, per metatesi, bergh, che in genere significa eminenza, collina, monte. Sono tanti i nomi di città, e paesi, o luoghi non solo per l' Asia, ma in ogni parte dell' Europa derivati da questo vocabolo, che sarebbe difficile cosa il volerli enumerare. E siccome sappiamo dall' istoria, che e nella Frigia Asiatica, e nell' Illirico, dove avevano sede questi popoli, vi erano dei monti, che a preferenza dei piani avevano per costume di scegliersi per abitazione; così non è maraviglia, che trovinsi delle popolazioni col nome di Bry
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ges, o Phryges nelia Macedonia, nella Liburnia, nella Troade, e perfino nell' Ascania tanto lontana dai Frigj Trojani (a).

Un altro popolo, che negli antichi tempi dalla Tracia passo nell' Asia minore, è quello dei Misj. E' fama, dice Strabone (6), che gli stessi Misj (dell' Asia) siano una colonia di quelli, che ora (nell' Europa) Misj si appellano. Eustazio (c), che come si è già detto, dalla Tracia fa passare i Misj nell' Asia sotto la scorta di Pataro, li estende sino al monte Olimpo, chiamandoli perciò Misj Olimpeni. Infatti Plinio (d) afferma, che il monte Olimpo avea il prenome di Misio, e Strabone (e) chiama Misj, e Frigi quella gente, che ne abitava i contorni dalla parte di mezzo giorno. Anche da Artemidoro (f) apprendiamo, che i Misj Olimpeni limitrofi alla Bitinia erano una colonia di quei Misj, che abitavano al di là dall'Istro, ed in Plinio (g) si legge essere stato sentimento di antichi scrittori, che dall' Europa trasferiti si erano nell' Asia non solamente i Misj, ma ancora i Brigj, o Frigj, ed i Tini, dai quali erano stati chiamati Misj, Frigj, e Tini. Ma il Bosforo Tracio fra Calcedonia, e Bisanzio non fu, secondo Dionisio (h), cognominato Bosforo Misio, e Strabone (i) non ricava quindi una grande prova, che i Misj fossero realmente Europei, e di Tracia origine? Perciocchè egli dimostra (k), che i Misj della Tracia furono un tempo signori, e padroni di tutta la Bitinia. Omero infine, ed Erodoto (1) ci parlano di questi Misj dell' Asia come di un popolo, che già si era fatto un gran nome sino dagli antichi tempi.

Dal sin quì esposto parmi di poter ragionevolmente concludere ; 1.°, che l' arrivo dei Traco-Misj nell' Asia dee riputarsi antichissimo, e di gran lunga anteriore all'epoca della guerra Trojana, e della spedizione degli Argonauti; 2.", che Niccolò Damasceno (m) prese evidentemente abbaglio, quando scrisse, che Aliatte Re dei Lidj fu il primo a chiamare dalla Tracia i Misj, perchè incontratosi un giorno a caso fuori della sua città in una donna di Tracia, la quale ritornando dalla fontana portava in sul capo un vaso ripieno di acqua, nel mentrecchè filava, e legato alla cintura conduceva il cavallo, che aveva abbeverato, s'invaghì di avere nel suo regno di quelli uomini, le di cui donne erano così fatigatrici, ed industriose. Perciocchè Aliatte è posteriore alla guerra Trojana, ed Omero insieme con Erodoto riconosce nell' Asia i Misj assai prima dell' istessa guerra di Troja.

Queste due sole colonie di Frigj, e Misj, che si stabilirono nell' Asia, sarebbero certamente state sufficienti per introdurvi la lingua Traco-Illirica, o Illirico-Macedonica colla propria religione, usi, e costumi, se gli antichi popoli dell' Asia minore non erano della stessa discendenza. Ma altri popoli seguirono in appresso l'esempio dei primi; ed è cosa molto rimarcabile, che i Traco-Macedoni, ed i Traco-Illirici abbiano potuto pene
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qui circa Mysium Olympum incolunt, cognomine Mysi, & Phryges. Lib. 12.

(f) Apud Strab. ibid.

(g) Sunt auctores transiisse ex Europa Mysos, & Brygas, & Thynos, a quibus appellantur Mysi, Phryges, Bithyni.

(h) Apud Strab. in lib. de Orig. Urb. lib. 12. (i) Quod ipsum testimonio esse potest,

Thracicam gentem fuisse Mysos. Ibid.

(k) Ibid.
(1) Mysi Thraces, qui Asiam incolunt.
Lib. 7.

(m) In excerpt. Vales., apud Stobeum, &
apud Porphyrog. them. 3.

penetrare a lor piacimento rell' opposto continente, e chiudere l'adito agli altri nel proprio paese. Infatti ricaviamo dagli antichi istorici, che i Bitini, i Tini, i Bebrici, ed i Medo-Bitini sono tante colonie di Traci Europei, che gli uni dopo gli altri si stabilirono nelle vaste regioni del l'onto. E' prezzo dell' opera il fermarsi alquanto a ragionare su questi popoli in particolare.

Ci dice adunque Erodoto (a), che i Bitini furono così chiamati al loro arrivo in Asia, avendo prima avuto il nome di Strimonj, perchè nella Tracia abitavano lungo il fiume Strimona. Appiano seguendo gli antichi Greci fa Traci quei Bitini, che aventi Reso per condottiero combatterono in favore dei Trojani, ed aggiunge, che, dopo la morte del loro Capo, alcuni di loro si fermarono in quel paese, che Bebricia si nomava, presso l'imboccatura del Ponto, e gli altri oltrepassando Bisanzio, furono dai Traci chiamati Bitini dal fiume Biti, attorno del quale avevano piantata la loro sede (6).
 
Plinio (c) da parimenti alla Bitinia il nome di Strimonia e di Tessaglia; i quali due nomi appartengono senza meno alla lingua dei Traco-Macedoni. Sillace (d) riconosce apertamente i Bitini per gente della Tracia, siccome pure Arriano (e), che li colloca in vicinanza del fiume Partenio, e Strabone (f), il quale ci accerta essere stato dai Bitini, e Tini della Tracia passati nell' Asia denominato Bitini quel popolo, che aveva prima il nome di Misi.

La Bitinia era prima chiamata Bebricia. Lo afferma Solino (g), ed Onorato Servio (h), il quale ci fa menzione di Amico Re dei Bebrici contemporaneo degli Argonauti (i). Del resto abbiamo già veduto, che Strabone fa di Tracia discendenza anche questi Bebrici, i quali può ragionevolmente supporsi essere stati espulsi, ed esterminati, dirò così, o in quanto alla loro potenza, o in quanto al nome dagli stessi loro agnati, e nazionali della Tracia, cioè dai Bitini, e Tini.

Benchè Strabone d' ordinario nomini quasi sempre insieme uniti i Bitini, i MedoBitini, ed i Tini, tuttavia sembra parlarne come di gente fra loro distinta, e separata. E certamente nella Tracia i Medo-Bitini facevano parte dei Macedoni. Anche Plinio
sepa
Bithyni, & flumen Sangarium. V. Bi
vocati sunt Bithyni, prius appellati, ut ipsi ajunt, Strymonii, quod Stry- (e) A Billeo ad Parthenium flumen 100. monem accolerent, a suisque sedibus
exacti. Lib. 7.
(6) Thraces Græci eos existimant, qui cum Rheso ad Ilion pro Trojanis castra (f) Enim vero Bithynos, cum ante Mysi
(a) Isti (Bithyni) transgressi in Asiam
thyni.
stadia. Hucusque Bithyni, qui quidem sunt Thracie populus, se extendunt.
In Perip. Pont. Eux.
habuere. Rheso deinde noctu a Diome
,
de interfecto...... fugientes ad Ponti ostia, que arctiora in Thraciam sunt, quosdam destitutos ratibus in ea tellure consedisse, eamque partem tenuisse que Bebrycia appellabatur; quosdam transgressos ultra Byzan- (g) Bithynia.... ante Bebrycia dicta,
essent, sic denominatos a Thracibus Bithynis, atque Thynis, qui eo commigraverunt, plerique uno ore afirmant, indiciumque afferunt de Bithynis, quod etiamnum in Thracia gens Bithynorum extat. Lib. 12.
deinde Mygdonia, mox a Bithyno Rege Bithynia. Cap. 54.
tium, & Thraces, qui Bithyni dicuntur, prope Bithym habitasse fluvium; fame deinde compulsos in Bebryciam rediisse, & Bithyniam pro Bebrycia a fluvii nomine, juxta quem incoluissent, nominasse....hoc multi jam existimant. In Mitridat.
(c) Lib. 5. c. 32.
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(d) Mariandynos sequuntur Thracica gens
(h) Bebrycia autem ipsa est Bithynia....

Ad illud Virgilii 5. Æneid v. 373. Victorem Buten, immani corpore, qui se Bebrycia veniens Amici de gente ferebat.

(i) Higinus fab. 17. Val. Flaccus 1. 4. 9. 99.

separa la Tinia dalla Bitinia (a), e lo Scoliaste di Apollonio chiama propriamente Tinia tutto il paese, che era occupato dai Tini (6), cioè la spiaggia fra Apollonia, ed Almidessa, come la definì Strabone (c). Claudiano fa anche esso Traci i Tini, e li colloca nel paese, che, a tempo suo, dicevasi Bitinia (d). Dal che dobbiamo comprendere, che coll' andar dei secoli i Bebrici, i Tini, ed i Medo-Bitini diventarono Bitini, e che il nome di Bitinia, e di Bitini deve prendersi per nome appellativo, e non proprio; poichè, altrimenti giudicando, si cadrebbe nell'imaginario, e nel favoloso.

Intanto, ciò, che è pur sommamente osservabile, il nome di questi popoli è originariamente Tracio-Illirico. Eravi nella Tracia un popolo detto Bithya, di cui fu autore, al dir di Steffano, un tal Bithyus, o Bithys, figlio di Marte, e di Seta, figliuo. la di Reso Re della Tracia. Bithys, da cui si ebbe poscia il nome dei Bitini, deriva dal verbo biti, biti-se, che, oltre al senso di essere, e di percuotere, ha anche quello di guerreggiare, o combattere. Senofonte (e) lasciò scritto, che i Bitini erano un popolo il più bellicoso di tutti le altre genti dell' Asia. Onde nella loro lingua erano detti i guerrieri, i combattenti per eccellenza.

Ai Tini, che Strabone assegna la spiaggia marittima presso Apollonia, ed Almidessa, Eustazio (f) dà per soggiorno anche le parti montane sopra il l'onto sino al fiume Calete. Da ciò si viene in chiaro, che i Tini ebbero il lor nome dalla voce Tracio-Illirica stina, o tina (omessa las iniziale, come nelle parole, p. e., spametan, o pametan, giudizioso, miriti, o smiriti, pacificare), che significa un gran sasso, un macigno, ed in generale una regione alpestre, e sassosa. Sono celebri presso i Dalmato-Illirici le stine konavoske nell' agro Canalitano dei Ragusei cognite agli antichi Geografi sotto il nome di Saxa Cadmea, & rupes Harmonia, ed in poca distanza dall' antica Epidauro.

L'istessa isola di Tenedo, che dicesi aver preso il suo nome da un certo Tene, che da finto Eroe de' Greci diventò poscia un Dio, e la di cui statua con sommo dolore dei Tenedj fu tolta dall' irreligioso, e sfrontato Verre (g), ebbe pure la sua appellazione dal medesimo vocabolo tina, o stina. Sorge Tenedo fra varie isolette, come sono le due Calidne mentovate da Strabone; e, conciossiachè a paragone di quei piccoli scogli, che l'attorniano, essa si presenti come un grosso sasso, o macigno, i TracoFrigj assai elegantemente la denominarono nella loro lingua Stina, o Tina, donde ne venne poi Tenedo appresso i Greci, e Romani. Finalmente i Bebrici sembranmi essere stati così detti dalla voce brigh, o brjegh, monte. La Bebricia era l'istessa Tinia, o Bitinia, come si è già veduto.

Ma anche i Migdonj contigui ai Bitini, o piuttosto facenti parte dei Bitini medesimi traevano la loro origine, ed il loro nome dai Migdonj della Tracia, o Macedonia. Perciocchè la Migdonia distaccata alfine dalla Tracia fu incorporata alla Macedonia, ed in seguito sotto i Macedoni conquistatori dell' Asia fu chiamata Migdonia quella regione, che nella Mesopotamia avea Nisibi per capitale, siccome scrive Plinio (h), e Strabone (i). Soli
(a) Item ultra Heracleam adversa Bithy- (f) Supra Pontum montana tenent Thyni
nie Thynnias. Lib. 5. c. 32. (6) Juxta flumen in Thynia. Lib. 2.

(c) De Thynis, quia Thynias est acta ad Apolloniam, & Salmidessam. Lib. 12. (d) Thyni Thraces, que nunc Bithynia fertur. In Eutrop. 1. 2.
usque ad amnem Caletem, ut adeo finitimi sint Thyni, & Bithyni. Ad Perieg. v. 795.
(g) Cicero Verr. 3. de Prat. Urb. c. 19.
(h) Totum eam Macedones Mygdoniam co-
gnominaverunt a similitudine. Oppi
da Alexandria, item Antiochia, quam
Nisibim vocant. Lib. 6. C. 13.
pontem.... ii habent, qui a Macedo
(e) Bithynorum Xenophon in suis monumentis mentionem facit, quos omnium Asia populorum bellicosissimos esse (i) Partem ejus ad Euphratem expositam, ait. Apud Arrian, in Perip. Eux.


Solino poi dà il nome di Migdonia a tutta la Bitinia. Ma questo Geografo o s'ingannò, o la Bitinia dapprincipio fu assai più ristretta, ed angusta. Ma non è da dissimu larsi, che Strabone (a) rapporto alle posizioni, ed ai luoghi precisi, che occupavano questi popoli, confessò essere stata cosa molto difficile in quelli stessi tempi il determinare i limiti veri ai Bitini, ai Misj, ai Frigj, ai Migdonj, ed agli altri popoli dell' Asia minore. Ciò però non gl'impedì di averli giudicati, e riconosciuti tutti della stessa Tracia origine, sì perchè non erano separati dai Traci, che dall'opposto continente, sì ancora perchè moltissimo si rassomigliavano negli usi, e costumi, nelle cose di religione, e nella maniera di vivere.

I più accreditati Geografi ascrivono primenti alla Tracia i Mariandini. Basti per tutti Strabone, che, dopo averli chiamati in generale discendenti dei Traci (6) sembra poi unirli coi Cauconi, o Cauconiati, e farli finalmente dell'istessa origine dei Paflagoni (c), si per rispetto alle loro Geografiche posizioni, si ancora per la somiglianza del lor carattere, e dei loro usi, e costumi (d).

I Cauconi, secondo Tolommeo (e) avevano la loro sede alle radici del monte Orminio, che si estende fra i fiumi Ippio, e Partenio, cioè per la regione dei Mariandini, e tra la Bitinia, e la Paflagonia. Eglino adunque dai Mariandini arrivavano sino ai Leuco-Tirsi, o Cappadoci, ed erano limitrofi agli Eneti Paflagoni, che risiedevano al di là del fiume Partenio. Una siffatta posizione ci viene comprovata anche da Strabone (f). Callistene (g) li colloca altresì intorno al fiume Partenio, dove il medesimo Strabone ci fa menzione di un popolo chiamato Parteniti. Essendovi stato nell' Illirico -presso Epidauro un popolo col nome di Partini, Parteni, o Parteneti non andrebbe forse lontano dal vero chi ad entrambi assegnasse una comune origine. Intanto Omero (h) colloca gli Eneti lungo l'una, e l'altra sponda del fiume Partenio. Sapendosi poi, che l'istesso Omero (i) nell'esercito ausiliario di Troja pose anche i Cauconi, che però a parte non nomina nello enumerare quei diversi popoli, egli è molto verisimile, per non dire quasi certo, che li comprese sotto il nome di Eneti, e di laflagoni, coi quali vi
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(6) Quin & ipsi Phryges Bryges sunt, gens Thracia, sicut & Mygdones.... &, ut arbitror, Mariandini. Lib. 7.
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(e) Sub monte autem Orminio Caucones. (f) Caucones, quos narrant accolere oram deinceps a Mariandynis maritimam usque ad Parthenium fluvium, urbemque habere Tejum. Lib. 12.
(c) Videntur autem profecti e Paphlago- (8) Cauconas duxit proles generosa Polyclis
Cirea Parthenium sedes, quibus obtigit amnem. Iliad. 2. apud Strab. Ibid.
nia; ibi enim nominantur Cauconiate
quidam Mariandynorum finitimi, qui
(d) Cum a Propontide in Euxinum mare
(h) Iliad. L. 2.
(i) Ibid. v. 429.
ipsi sunt Paphlagones. Lib. 8.

intratur ad dexteram sunt Byzantio
 
vevano confusi, e mescolati lunghesso il mentovato fiume Partenio. Strabone (a) non dissimulò la varietà dei pareri circa l'origine di questi Cauconi; mentre ci dice, che da alcuni erano creduti Sciti, da altri oriondi della Macedonia, e da parecchi della schiatta dei Pelasgi. L'antico Scoliaste di Omero li fa propriamente della Paflagonia.

Ma, checchè se ne voglia supporre, eglino appartenevano incontrastabilmente all'istessa origine degli altri popoli dell' Asia minore. Imperciocchè e gli Sciti, ed i l'elasgi sotto un estesissimo nome erano dell' istessa lingua dei Traci, dei Macedoni, dei Frigj, e dei Paflagoni; e la Bitinia essendo stata dagli antichi estesa sino al fiume l'artenio, dove cogli Eneti, coi Paflagoni, e col Bitini soggiornavano questi Cauconi, ne segue evidentemente, che essi erano tutti della istessa discendenza, e che non differivano, che di nome. Infatti Arriano (6), come si è già veduto, estende i Bitini sino al fiume Partenio, e Plinio (c), e Strabone (d) collocano la città detta Bitinio, ed attribuita meritamente ai Bitini nelle parti infra terra tra il fiume Ippio, e l'istesso Partenio, nei luoghi cioè, dove i Cauconi soggiornavano.

Dobbiamo poi ancora riflettere con Strabone (e), che i Cauconi alfine sparirono totalmente dal novero dei popoli Asiatici. Siccome col progresso del tempo dei Bebrici, dei Tini, e dei Medobitini si formò il solo popolo dei Bitini; così il nome dei Cauconi passò in quello dei Mariandini, che erano più cogniti, lor vicini (f), ed agnati; e gli Eneti finalmente, ed i Paflagoni prevalsero sopra tutti quei popoli, e quelle nazioni. Gli antichi non avendo fatto uso della cronologia, se non dalla prima Olimpiade in poi, sarebbe impossibile di determinare le epoche precise, in cui questi varj popoli figurarono nel mondo delle nazioni. Osserveremo ancora, che ella è un' opinione destituta d'ogni fone damento di verità il ripetere l'origine di questi Cauconi dai Cauci, o Caici della Germania, come pretende Goropio Becano (g): Imperocchè la Tracia, o Frigia voce kuk ha dato il nome ad entrambi. Kuk significa una grande pietra, o rupe, ed, in parlar figurato, luoghi alpestri, e dirupati, e kukari, kukani, kukiani, donde appresso gli stranieri si disse Caucones, e Cicones, nel dialetto Illirico suona abitatori di luoghi montuosi; quali in effetto erano in molti luoghi i Tini, ed i Bitini, ed i Ciconi Tracj, di cui ci parla Plinio (h), e dai quali possono essere derivati i Cauconi dell' Asia Il nome del monte Caucaso deriva egualmente dalla voce kuk.
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Due altri popoli, i Treri, o Treroni, ed i Milj sono stati dagli antichi giudicati di Tracia origine nell' Asia minore. I Treri, che arrivarono a farsi del nome meno per le loro colonie, di quello, che per i saccheggi, e per le incursioni, risiedevano sui confini della Tracia, e della Macedonia (i). Le loro emigrazioni, o scorrerie nella destra parte del Ponto, e nei luoghi circonvicini, cioè nella Frigia, Paflagonia ec. quantunque certe, erano contuttocciò a cognizione di pochi (k). Ebbe questo popolo per qualche tempo prospera la fortuna, conciossiacchè dal Bosforo Cimerio invase quasi tutta l' Asia minore, presa la città di Sardi, e distrusse in gran parte i Magnesj presso il fiume Meandro (1). Alfi
:
(a) Alii Scythas faciunt, alii Macedonum (i) Que circa Abydum Thraces
....
que deinceps sunt, Treres (tenent), ipsi quoque Thraces. Strab. l. 13., & Plinius l. 4. c. 10. Fluvius Axius. Ad hunc finem Dardani, Treres, Pieres Macedoniam accolunt.
quosdam, alii etiam Pelasgorum.
 
Lib. 12.
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(k) Migrationes autem Carum, Trerum &c. non itidem omnibus note sunt.
num. Scholiast Apollonii L. 2. V. 725.
Strab. l. 1.
(g) In Amazon. l. 8.
(h) Lib. 4. c. II,
1
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Alfine ne fu rintuzzata l'audacia da Madie Re di quei Traco-Geti, o Traco-Sciti, che si chiamavano Cimerj, e non degli Sciti propriamente detti, come opinò Erodoto Che anzi dall' istesso Strabone impariamo, che i Treri, o Treroni erano una porzione dei medesimi Cimerj (a). Anche Steffano, ed Eustazio (6) li chiamano gente Cimerica, Traco-Scitica, o Bosforana; il che ci fa pur vedere, che di Tracia origine erano parimenti le rinomate popolazioni Cimeriche nei contorni dell' Eussino, checchè ne dica il Becano (c), il quale ascrive i Treri ai Cimbri del Baltico, ricavandone il nome dalla voce Tedesca Treeren, o Tereeren, che significa ad dedecus, & honorem, per avere cioè vinti i Traci, ed essersi stabiliti nell' Asia minore.

Infatti l'appellazione dei Treri ci viene genuinamente somministrata dall'Illirico tarti, o terti, abbattere, distruggere. Ia terem, o trem, io abbatto; onde Treres i distruttori, vera caratteristica di questo popolo, che rovinò quasi tutta l' Asia minore e di quell' altro, che, per essere stato il saccheggiatore del proprio paese, cioè della Tracia, ebbe il nome di satre da suterti, satrem, distruggere, distruggo.

Finalmente i Milj, che da parecchi furono aggiudicati alla Cappadocia, alla Licia, ed alla Panfilia, e che Strabone (d) distingue, e separa e dai Licj, e dai Cappadoci, e dai Panfilj, sono da ilinio (e) chiaramente riconosciuti per progenie dei Traci. Erano i Milj, a mio credere, una colonia dei Siudonei popolo della Tracia rammentato da Steffano, o dei Sindi parimenti Tracj, che si erano stabiliti al mezzo giorno della palude Meotide. Perciocchè l'istesso Plinio ci parla di una città chiamata Sinda sul confine della Galazia vicino ai Molj, oltre di che nella Caria viera la città detta Sindessus, e Sinde pure città nella Pisidia. Ma l'istesso nome di Milj, e del loro paese Milyas è Tracio, derivando dal vocabolo Mili, Militi, essere caro, aggradevole, o dovesse ciò riferirsi alla natura di quel luogo, o all'indole degli abitanti. Tolommeo assegna ancora ai Milj due città presso le sorgenti del Xanto, Podalia, e Nysa, quella così detta da podoli, valle, la posta in una valle, e questa da Nisoja, Nisa, la bassa, la situata in luogo profondo.

La Podolia provincia della Polonia ci assicura e del nome, e del significato della Podalia dei Milj. Finalmente i Milj erano alle falde del monte Climax, o Climace, il quale, attesa la sua inclinata, e sovrastante altezza verso il mar Panfilio (f) sembrando quasi muoversi agli occhi di chi lo rimira, io crederei essere stato denominato dal verbo klimati, che nel suo senso proprio s'adatta a chi sonnacchia crollando il capo.

Dall'enumerazione di tanti popoli, che per attestazione di sì gravi scrittori da tempi i più remoti passarono dalla Tracia in Asia ciascuno vede ora quali conseguenze io debba quindi dedurre. E primieramente egli è ben naturale, che v' introducessero il pro prio linguaggio, e la propria religione, denominando ogni cosa con patrj nomi, ed appellazioni. Infatti tale fu l'uso dei popoli antichi, allorchè si stabilivano. sotto un cielo straniero. Se poi si dovesse giudicare, come realmente celo persuade la sana critica, della propagazione della lingua Tracia per quei luoghi dalla estensione dei paesi, che vi occuparono i Frigj, i Misj, i Bebrici, i Mariandini, i Migdoni, i Medobitini, i Tini, i Bitini, i Cauconi, i Treri, ed i Milj, essa lingua era sparsa, e diffusa quasi per tutta l' Asia minore. Ciascuno sa quanto si estendevano la due Frigie, la Troade, le due
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due Misie, la Bitinia, e la spiaggia del Fonto; sebbene i Frigj, i Misj, ed i Bitini, per nulla dire delle altre colonie Tracie, abbiano successivamente portate le loro armi vittoriose nelle limitrofe provincie, cioè nella Paflagonia, e Galazia, nella Licia, e Pisidia, nella Licaonia, e l'anfilia, nella Cappadocia, e nel Ponto. La storia ci dà per indubitato il passaggio nell' Asia di questi Traci coloni, nè c'indica in alcun luogo, che siano stati costretti a ripiegare verso il suolo nativo, o che siano stati distrutte, ed annichiliti colle armi da altri popoli dell' Asia. Anzi siccome le più grandi provincie dell' Asia minore, cioè la Frigia, la Misia, e la Bitinia hanno ritenuto in tutti i tempi questo nome, che loro imposero i Frigj, i Misj, ed i Bitini della Tracia; così è cosa evidente, che essi vi si stabilirouo in una maniera solida, e che la loro favella divenne la dominante in tutti i luoghi da loro posseduti. Strabone poi (4), e Licofrone (b), asseriscono, che il culto di Cibele nacque nella Tracia, e che di là fu poi nell' Asia introdotto.

Ma era ella deserta l' Asia minore al passaggio, ed all'arrivo dei popoli di Tracia? No certamente. Da chi era dunque abitata? Dagli stessi discendenti di Giafeto. Perciocchè si sa (c), che Gomer figlio di Giafeto, e fratello di Tira, donde ebbero origine i. Traci, subito dopo la divisione del genere umano popolò la Frigia, e che dei suoi tre figliuoli Ascenez diede i primi abitanti alla Troade, Rifat alla Paflagonia, e Togarma alla Cappadocia, ed alla Galazia.

Egli è pur certo, che sotto il nome di Frigi non erano soltanto compresi i posteri di Gomero. I discendenti di Magog dagli antichi erano pur chiamati Frigj. Clemente Alessandrino (d) fa Atlante nativo di Frigia, e fratello di Prometeo, ossia di Magog. Rhos, Mescech, e Tubal, che nelle Sacre Carte sono insieme uniti, e che diconsi aver abitato nella terra di Magog, senza dubbio appartengono anche essi ai Frigj. I Cimerj infine, sotto il nome dei quali stavano nascosti gli antichi Sciti, al dire di Erodoto (e), erano coloni della Frigia. Ma vengasi a qualche cosa di più particolare, onde, conosciuti i vincoli, che legavano i Traco-Illirici, o Traco-Macedoni coi Frigj, si conoscano anche i rapporti, che questi avevano con le altre nazioni.

Diodoro Siculo (f) scrive, che gli Sciti, soggiogato il paese di là dal Tanai sino alla Tracia, e dall'opposta parte quel lungo tratto, che avvi in sino al Nilo, ridussero sotto il lor potere tutti i popoli, e nazioni intermedie, propagando il loro impero fino all' Oceano orientale, al mare Caspio, ed alla palude Meotide, e dando origine ai Saci, ai Messageti, ed agli Arimaspi. Fra le tante colonie Scitiche egli poi ravvisa, e tiene per principali quella, che venendo dall' Assiria si fermò fra il Ponto, e la Paflagonia, e quell'altra, che dalla Media si stabili presso il Tanai sotto il nome di Sauromati.
 
Dando ora al racconto di Diodoro quel solo peso, e valore, che può meritarsi, io scorgo tuttavia in questi antichissimi Sciti i posteri di Tubal fratello di Gomer, e quelli di Magog, che, a rapporto di Gioseffo Ebreo (g), popolano l' Iberia, che giace fra l' Armenia, e la Sarmazia. Vi scorgo ancora i Frigj, che, secondo Erodoto (h) riguardavano questi Sciti sortiti dall' Armenia col nome di Araxeni come loro coloni, ed agnati. Perciò gli Sciti, ed i Frigj sono insieme confusi dagli antichi autori, e perciò Omero (i) raccoglitor fedele delle tradizioni antiche distinse unicamente gli Sciti in Traci, e Misj, ossia in Frigj.
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II
(i) Seorsim ad equestrium Tracum despiciens (jupiter) terram Mysorum cominus pugnantium, illustrium Hippomolgorum lacte viventium, longævorumque. Iliad. l. 14.

Il citato Diodoro, secondo lo stile de'tempi favolosi, fa nascere i primi Sciti da Giove, e da una vergine Scita (a). Io sospetto, che questi Sciti di Diodoro siano quelli stessi, che Erodoto (6) dice essere nati da Giove, e da una figliuola del fiume Boristene. Queste favole debbono per lo meno convincerci della grande antichità di questi popoli.

I Carj, per quanto scrive Plinio (c), furono i primi ad occupare i contorni della l'alude Meotide, quindi i Clazomenj, ed infine i Panticapesi. Erodoto (d) assegna l' istessa origine agli abitanti della Misia, della Caria, e della Lidia. I Meonj facevano parte dei Lidj, al dir di Erodoto (e). I Panticapesi erano coloni dei Milesj; giacchè Strabone (f) ci avverte, che la loro fortezza era opera dei Milesj. Ma i Milesj erano gli stessi Carj sotto un tal nome, conciossiacchè Plinio (g) riconosce Mileto per città capitale della Caria, la quale Jonia, o Gionia si appello, quando fu poscia dai Gioni occupata.

Le emigrazioni dei Greci, e gli stabilimenti delle Greche colonie sui lidi dell' Asia minore sono di una data di gran lunga posteriore a quelli, in cui si può fissare l'emigrazioni, e gli stabilimenti in varjluoghi dell' Asia, e dell' Europa fatte dai Traco-Frigj, dai Lidj, o Meonj, dai Carj, dai Misj, dai Cimerj, e dagli Sciti. Il Petavio (h) ragionando sugli antichi documenti ascrive l'emigrazione, e l'arrivo dei Gionj Greci nell' Asia 30 anni dopo l'eccidio di Troja. Non bisogna dunque confondere la gente Greca cogl' indigeni dell' Asia minore, nè con quelli Sciti, o, Cimerj, che risiedendo nella grande Asia fra il Ponto Eussino, ed il mar Caspio, e che avendo avuta l'istessa lingua dei Frigj, e dei Traco-Illirici, avevano già riempiuta di loro colonie l' Europa, e le sue isole non che la Grecia, ed i suoi luoghi vicini.

Da un numero prodigioso di opere filologiche uscite in luce in questi ultimi secoli sull'origine dei linguaggi si raccoglie con fondamento, che nella nostra Europa, ed in una gran parte dell' Asia fino ad un certo tempo eravi un solo idioma, che, tranne quella diversità, che suole nascere dai dialetti, era dappertutto il medesimo. Io chiamo quell' antica lingua la lingua di Giafeto, e dei suoi figli, e la estendo dovunque essi sonosi estesi, e propagati. Appena si potrebbe concepire come i posteri di Giafeto abbiano potuto avere tante colonie, onde occupare tutta l'Europa colle sue isole, tutta la parte Settentrionale della grande Asia, e dell' Asia minore, la Media, l' Armenia, tutto il tratto, che vi è fra il Ponto Eussino, ed il mar Caspio, la gran Tartaria, l' India, e la Cina, se d'altronde non si sapesse essere stato ciò l'effetto della benedizione, che il Patriarca Noè diede a Giafeto, dicendogli: Iddio ingrandira Giafet, e lo farà soggiornare sotto i padiglioni di Sem, e Canaam gli sard Servo (i). Effettivamente la prima parte dell'oracolo si compì, conciossiacchè la di lui posterità abbia piantate delle colonie in tutti i paesi sovra indicati. Ma Giafeto per via de' suoi discendenti soggiornò pure sotto i padiglioni di Sem (cid, che era l'altra parte della promessa contenuta nella benedizione), quando i Medj congiuntamente coi Babilonesi distrussero l' impero degli Assirj, e quando i Greci, ed i Romani, giusta la profezia di Balaamo (k), rivolsero le loro armi contro dell' Asia, e gran parte ne conquistarono. Finalmente nel tempo stesso, che i posteri di Giafeto debellavano le nazioni della stirpe di Semo, si fecero
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fecero anche serva, e tributaria la posterità di Camo, avendo soggiogati i Babilonesi, i Cananei, gli Egiziani, e tanti altri popoli della discendenza di Camo. Da ciò ne viene, che nelle regioni toccate in sorte ai discendenti di Giafeto nella generale divisione della terra fra i figli di Noè la lingua Giafetica deve riguardarsi come originale, e primitiva, ed all' opposto nei paesi di conquista, che pur ritennero per qualche tempo, bisogna considerarla come corrotta, stante i vocaboli adottati dalle lingue dei posteri di Semo, e di Camo.

I primi principj delle cose sono di lor natura molto semplici. I grandi cangiamenti non hanno luogo se non dopo un lungo tratto di tempo, e per la varia modificazione dei medesimi principj. Quindi io tengo per fermo, che sebbene la lingua Giafetica fosse divisa in varj dialetti, tuttavia anche molti secoli dopo la dispersione delle genti ella dovea conservare i caratteri, e le note primitive della sua originalità e nei vocaboli, e nei loro significati. Fra tutte le nazioni dell' universo non ve ne ha alcuna, che sia più tenace della propria lingua, e dei suoi usi, e costumi, quanto i popoli Illirico-Slavi, che sono ancora gli unici depositarj dell'antica lingua dei primi discendenti di Giafeto. Finalmente quell'antica lingua Giafetica non molto ricca di vocaboli primigenj, ma ricchissima di termini composti era di una tale indole, e natura, che poteva ritrarre, ed esprimere al vivo la gradazione dell' istesso pensiero non che le proprietà, e gli attributi delle cose. Premessi questi principi, che altrove io ho gia diffusamente esposto (a), deggio ora, per discoprire l' analogia, che vi era fra la lingua dei Frigj, e degli altri popoli dall' Asia minore, e quella dei Traco-Illirici, spiegare coll'odierna lingua Slavo-Illirica: 1.o i nomi delle provincie, delle città, dei piani, dei monti, dei fumi, dei laghi, dei lidi, dei promontori dell' Asia minore; 2.o quelli vocaboli, che dagli antichi scrittori ci sono stati tramandati come originariamente Frigi; 3.o i nomi di Alcuni Re, e popoli, che la storia c'indica aver regnato in quelle contrade e paesi. Incominciaremo dalla Troade, e dalle due Misie.

In sul principio adunque dell' Ellesponto per dove si entra dalla Propontide vi era nella Troade l'illustre città di Parium (6). Dalla sua posizione al certo si scorge essere ella stata fabbricata per guardare, e difendere tutto lo stretto. Var, o varje, donde, cangiato in v in p, si fece Parium, significa in Illirico propriamente castello, o difesa. Gi rimangono dei vestigj di questa voce nei nomi delle celebri Illiriche fortezze di Varna, di Temesvar, e di Petervaradino; ed i borghi delle città, i quali d'ordinario ne sono come i primi baluardi, diconsi varosc, varosci. Non si può dunque non ridere, allorchè si legge in Ammiano Marcellino (c), che un tal Parus figliuolo di Giasone fabbricò questa città, dandogliene il suo nome. Ciò mi fa pur risovvenire, come i Greci ignorando l'etimologia di Gerosolima, e della Giudea con isfacciata impostura fecero tosto nascere due Greci Eroj uno per nome Jerosolimo, e Judeo l'altro, onde denominare dalla loro lingua quella città, e quella provincia, che in niun modo loro apparteneva. E' l'lutarco (d), e Tacito (e), che raccontano sul serio cotali inezie.
(a) In opusculo de prestantia, & vetustate linguæ Illirice, ejusque necessitate ad plurimarum gentium, populorumque origines, & antiquitates investigandas. Ragusii 1806.

(6) Impetum deinde sumit Hellespontus, mari incumbit, vorticibus limitem fodiens, donec Asiam abrumpat Europe Promontorium id appellavimus Trapezam. Ab eo decem millia passuum Abydum, ubi angustia septem
Dell'
stadiorum; deinde Percote oppidum,
Lampsacum, antea pityusa dictum.
Parium colonia, quam Homerus Ha-
drastiam appellavit, oppidum Pria-
pos, amnis Alepus, Zelia, Propon-
tis ita appellatur, ubi se dilatat ma-

re. Plin. l. 5. C. 32.
(c) Lib. 22. de ora Hellesp.
(d) De Isid., & Osirid.
(e) Lib. Hist.
 
Dell'antico castello detta Percote, che Plinio colloca quasi nel bel mezzo dello streito, fa anche menzione Omero (a), Strabone (6), ed Arriano (c). Si ricava da Plinio, che Percote, o Percope fu così detto o dallo scavo di tutto lo stretto, dal luogo scavato, sopra cui era posto. Procop, e, per metatesi, Percop nella lingua dei Traco Frigj denota scavo, o perfessione. I Greci sformarono alquanto questo nome sostituendo il ral; ma in tutti gli esemplari di Omero è detto Περκώπη, Percope Omero, onde piacere ai suoi Greci, ha potuto stravolgere il nome a molti Eroj Trojani; ma, in quanto ai nomi Geografici, egli ha dovuto adottarli tutto al più con piccolissima alterazione; poichè, col cangiarli, sarebbe stato in contraddizione coi viventi, e contemporanei, dai quali non sarebbe stato più inteso di che parlasse; ed ecco un canone logico nell' interpretazione dei nomi Frigj riportati da Omero, e da altri antichi Scrittori.

Il Promontorio, che chiude l' Ellesponto a ponente, e che sporge nel mare Egeo, ha due punte. La più grande si chiamava Reteum, Rhateum, ed anche Rhoetium appresso Tucidide. Essa fu esattamente descritta da Strabone, e da Mela, i quali ci parlano pure della città di tal nome celebre pel sepolcro di Ajace. Ora rat, ovvero ret all' uso dei Traco-Frig) vale propriamente panta, od estremità. La spiaggia Retea formava appunto l' estremità dell' Ellesponto, ed il Promontorio, che ora si chiama Capo Janizzari, ne era come la chiave. La penisola di Stagno, o di Sabbioncello nell' Adriatico simile ai lidi Retei chiamasi in oggi in Illirico Rat, e da tale voce fu nota ai Ro mani sotto il nome di Rataneum.

L'altra punta, che è più vicina a Troja, e che perciò ora si chiama Capo di Troja, portava il nome di Sigeum, come la città, che vi era sopra, e che era celebrata per la tomba di Achille visitata poi da Alessandro il grande. Gl' Illitici chiamano sighje, o fidje un muro, una fabbrica, o qualunque cosa costruita di sasso. Sigiduno, e Segesta antiche città della Tracia furono pure denominate dall' essere state costruite di sasso, o poste in un luogo sassoso, come lo era questa città.

Tucidide descrivendoci il viaggio marittimo da Lesbo al Capo Reteo dice: oltrepassando Lecto, e Larissa; e Plinio dal promontorio Lecto fa separare la Troade, e I' Eolide. Questo promontorio ora chiamato Capo Babora, o di S. Maria dalla parte dell' isola di Lesbo, (ora Metelino) si piega a guisa del gomito del braccio, e con tale piegatura avvertita pure da Strabone (d), e da Tito Livio (e) viene a formare il principio del seno Adramettino. Da cotesto suo gomito, o piegatura, che in Illirico si dice Inkt, o lakat, e, presso gli antichi Traco-Frigj, che cangiavano l'a ine, lekt, o lekat, e lekta nei casi obbliqui, ebbe appunto il nome di Lectum. Questa etimologia è tanto più preziosa, quanto è più antico questo nome ricordato da Omero nella sua Iliade, dove chiama Lecto madre delle fiere.

Ma eccoci a Troja città la più famosa dell' universo. Ogni cosa c'indica, che il suo nome passò a tutta la regione, di cui era la capitale. Eustazio ci assicura (f), che Omero, e gli altri scrittori Greci ancorchè talvolta dessero ad Ilio il nome di Troja, non chiamarono però mai i di lei abitanti Iliensi, ma sempre Troj, o Trojani. I più celebri Istorici, e Geografi antichi come un Tucidide, un Tito Livio, un Plinio, ed uno Strabone hanno in ciò tenuto dietro agli antichi poeti. Quindi Servio, il quale affermò Troja essere propriamente la regione, ed Ilio la città, ingannosi fortemente, conciossiacchè Omero chiamò Troja città, e città ben fortificata di mura (g). Troja dunque, a mio parere, ripete certamente il suo nome dalla voce torje, o, per trajezione di lettere, troje, che significa torre, o luogo fortificato. Presso i Ragusei, e per tutto l'
Illi
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Illirico tali luoghi naturalmente forti, montuosi, e cinti di qualche steccato diconsi Tor, Na-toru, che ogni Illirico sa avere l'istesso senso di Torje, o Troje.

Egli è vero, che la parte di Troja detta Pergamus, o Pergama formava propriamente le rocche Trojane così detta dalla sua altezza, ed eminenza. Imperocchè Pergamus derivando dalla voce berg, o pergh porta seco l'idea di summità, o luogo mon. tuoso. Strabone ci attesta (a) infatti, che Troja, o Ilio era fondata parte in luogo alto, ed alpestre, e parte nel piano. Ma Omero, e Virgilio, che tante volte mentovano i monti Idei sovrastanti quasi alla città d' Ilio, e le alte rocche Trojane, non c'indicano palesemente e l'altezza delle mura, e dei castelli, e l'elevata posizione della città?
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Nell' interno della Troade vi era Zeleja, o Zelia rammentataci da Omero, e da Plinio così chiamata da selje, selo, selja, che significa un aggregato di case, e quale doveva essere questa cittadella, o piuttosto villaggio, o casale ai piedi del monte Ida; le due città col nome di Colone una situata dirimpetto a Tenedo, e l'altra nell' agro Lampsaceno, che possono derivarsi dalla voce kolo, onde kolne, o kotone, le frequentate da carri pel trasporto dei viveri, o le rotonde di forma; la città di Abydus fondata dai Milesi, e rinomata per la storia poetica di Ero, e di Leandro, ma molto più pel ponte fabbricato da Serse, sopra di cui in sette giorni, e sette notti fece passare un millione, e settecento mila fanti con ottanta mila cavalli, oltre i cameli, ed i bagagli, la quale ebbe il suo nome dalla Frigia voce obiti, che vuole dire girare attorno, e che allude alla massima ristrettezza del seno, sopra di cui era fondata.

La Misia, oltre la divisione di maggiore, e minore, avea pur quella di Abrettena, e di Morena. Abrettena è l'istesso, che obrana da obrati, scegliere, la scelta, la parte più nobile; e Morena corrisponde a morna, morena da morre, il mare, lamarina, la posta presso al mare. Tale n'era la posizione. La più rinomata città della Misia era Pergamum, regia di Creso, e di Eumene. Perchè fabbricata parte in piano, e parte sopra un colle (6), da bergh, o pergh, monte fu chiamata la montuosa. La città la più rispettabile, secondo Mela, fra tutte le altre, che sorgevano nei contorni del seno Adramettino era Cisthena. Il suo nome cel' indica. Cjastiena, o cistena significa l' onorata, la pulita. Da Strabone ci viene ricordata la città di Atarneus, o Atarnea, e da Plinio Tarne, che era un fonte vicino al monte Tmolo. In Illirico tarn denota spino, spinajo. Sono noti i villaggi, e luoghi popolati per l'Illirico di Tarnovo, e Tarnoviza detti così realmente dal luogo boscoso, e ripieno di spine, dove giacciono. Dopo Atarnea Strabone colloca la città di Pitane. Pitat in Illirico ha due significati, cioè interrogare, od alimentare, Litane vorrà dunque dire l'alimentatrices o la celebre per qualche oracolo.

Nella Misia erano pure assai cogniti i popoli Trimenothii di Strabone, che sono i Trimenothurita di altri Geografi, ed i Doliones, e Dolionide lor paese. I primi erano detti gli abitatori di luoghi scoscesi, precipitosi, e pendenti da stermenito, strimeni10, o, lasciata la s, come si usa in qualche dialetto, trimenito. I secondi ebbero il loro nome da doli, dolina, valle, dolzi. dolanzi, gli abitanti di valli. Abbiamo par-. lato a lungo di queste due etimologie nell' altra nostra operetta, dove si tratta del fiume Strimona, e dei popoli Strimonj, , e Dolonchi della Tracia, e dell' Illirico.
 
La Misia, e la Troade abbondano di fiumi. Riporteremo soltanto il nome di quelli, su di cui non possa esservi dubbio, e contrasto. Omero adunque tra i fiumi, che sorgono dall' Ida, ad uno dà il nome di Rhesus, il tagliente da resuti tagliare, e adattato ai fiumi, mordere, lambire, e ad un altro quello di Rhodius, cioè il fecondo da roditi, essere fecondo, apportare cioè la fecondita colle acque. Il Rodano delle Gal

lie, e l'isola di Rodi derivano dall' istessa voce.
Stra
(a) Lib. 13.
(6) Plin. 1. 5. c. 30.

Strabone, e Plinio fanno anche essi nascere dall' Ida due altri fiumi, il Granicus, e l' Aesequs. Quello fu così chiamato da gran grana, o graniza, il confine, il termi ne, cioè il terminatore, perchè serviva come di limite fra il territorio della città di Paro, e quello di Lampsaco, fra cui scorreva prima di gettarsi nella Propontide; e 'l' Aesepus dalla voce osebo, convertito il bin p, che significa un fiume, che ha le acque fredde, e quasi agghiaccinte. Una simile origine ha pure il fiume Asopus, che Plinio scrive scorrere presso Laodicea, ed il Simois, o Simoenta, che derivando dalla voce sima, il freddo, denota col nome la freschezza delle sue acque.

Arriano finalmente c'indica un altro fiume nascente dall'Ida, il quale sbocca in mare fra l' Eussino, e l' Ellesponto, e gli dà il nome di Prosactium evidentemente dall' Illirico verbo prosjech, che significa tagliare entrando, ossia la fenditura profonda, che si scavano le acque. Strabone con non molta alterazione lo chiamò Practium.

I monti più distinti in quelle provincie erano l'Olympus Mysorum, ed i montes Dindymi nella Frigia. Olimpo denota un monte rivestito d'ogni intorno di alberi di tiglio da o, intorno, e da lipa, tiglio. I Greci, secondo il loro uso, v'intrusero la lettera oziosa m nel mezzo della parola, e da Olipa dissero Ολυμπος, Olympos. Conferma il parer nostro l'esservi presso l'isola di Giuppana nell' Adriatico uno scoglio ricoperto di verdeggianti arboscelli, che in lingua Illirica chiamasi Olipa. In Macedonia vi era l'altro famoso Olimpo, soggiorno prediletto a Giove, e ad altre lagane Divinità. I Traco-Frigj gran tempo prima dei Greci possederono la Macedonia, ed i suoi monti. Nell'isola di Cipro, nella Galazia, nella Licia, e nella Bitinia vi sono dei monti, e delle città col nome di Olimpo. Ciò prova, che gli uomini dell' istessa lingua impongono l'istesso nome alla medesima cosa, se vi esista la stessa causa di denominarla. Succedeva anticamente ciò, che succede in oggi fra i Dalmato-Illirici, e fra i Polacchi, ed i Russi, i quali, benchè siano così distanti tra di loro, hanno nondimeno le medesime Geografiche denominazioni. Il Dindymus poi, monte della Galazia, Dindymis città della Misia, Didyma isola presso la Troade, ed i monti Dindymi, o Didymi del la Frigia hanno per radicale l'antica voce dun, din, ed anche den, e don, che significa luogo alto, o eminenza. Gli abitanti del monte Pangeo nella Tracia erano chiamati da Plinio Denseleta, e Danselete da Solino, cioè gli abitatori del monte d'oro, come si è dimostrato, da den, o dan, monte, e da slato, sleti, slati, oro, di oro. I fiuni Don, il Tanai, la Dvina, il Danubio detto pure Danuja, e le Dune nell' Anglia derivano altresì da una simile radicale.

Nell' Eolia sotto gli stessi Greci conservavansi ancora dei vestigj dell'antica lingua Frigia. Fra le città, che Erodoto (a) assegna agli Eolj, Myrina, e Cyma non tenevano l'ultimo luogo. Mirina in Illirico vuol dire avanzo di grosse mura quasi demolite, o un grande fabbricato, come l'hanno le città marittime, e quale doveva averlo questa, che era provveduta di un bel porto. Plinio, e Mela l'antepongono alle altre città Eoliche per motivo della sua origine, ed antichità. Cyma da Erodoto è detta Cuma con maggior esattezza. Giaceva in luogo sassoso sulla spiaggia del mare. La sua radicale è kam, o kum, pietra, o sasso. I Traco-Sciti hanno dato il nome a moltissime città con questo vocabolo.

La Jonia fra le dodici città, di cui Strabone (6) l'adorna, più di una pure ne contiene d' Illirica derivazione. Tali sono fra le altre Miletus, che ne era la Metropoli, Lebedus, Colophon, e Smyrna. Giace Mileto in riva al mare poche miglia distante dalla foce del Meandro. Quanto è bella, e piacevole la di lei posizione, altrettanto fi-. no da tempi i più antichi per più titoli ne furono encomiati gli abitanti. Per tali prerogative io credo, che fosse detta la cara, la piacevole dalla voce mili, o militi, che ha
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ha un tale significato. Si riferiscano all'istessa origine il tanto decantato fiume Meles sulle sponde del quale Omero compose i suoi poemi, ed il promontorio Myonesus, che giaceva fra Teo, e Samo. Perciocchè mio, e miono ha l'istesso senso di mili.

Lebedus posava sull' istmo di una penisola. Livat, o lievat, onde si ha livada, il prato, significa infondere, versare. Il terreno umido, ed inaffiato, dove era posta, ovvero qualche vicina prateria, può averle dato da livat, o livada il nome di Lebedus. Non molto lungi eravi Colofone situata dentro al seno di un promontorio, dove si chiudeva esso seno (a). Essa fu dusque detta Colophon dalla voce kolo; giro, o circuito. Colofone era bagnata dal fiume Halesus, il fangoso; poichè sembrami derivare dalla voce kalusoja, come il fiume Calete della Bitinia, ricordato da Eustazio, da kal, kala il limo, il fango.

Finalmente l'antico nome di Smirne fu Smirena, la pacifica, la tranquilla, o Smorena, la quasi sorgente dal mare. La sua posizione può accordarsi con ambo i significati; mentre era situata sulla estremità di un golfo di mare, ed alle falde di un monte, che da tre lati ne guardava il porto. Dicesi oggidì dagl'indigeni Ismir quasi coll' antico suo nome.
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Era la Gionia irrigata da molti fiumi, fra i quali i più nobili, e celebrati erano il Meander, e l' Hermus. Il Meandro fu così denominato dalla voce modar, modro, cioè l'azzurro. La ristrettezza del suo letto fra sponda, e sponda, la sua grande profondità, e le sue immense sinuosita tortuose danno in realtà un siffatto colore alle sue acque, e percio anche oggigi rno senza alterazione dagl' indigeni è detto Madre ossia Mudre. Strabone (6) chiama Modra un luogo della Bitinia presso l'Ellesponto, dove nasce il fiume Gallo. L'Hermus, che nascendo dal monte Dindimo, e scorrendo fra luoghi boscosi, e pieni di cespuglj ebbe il suo nome dalla voce herma, secondo il dialetto Polono, o garma, secondo l' Illirico, che appunto significa cespuglio, o luogo cespuglioso, accoglieva nel suo seno due altri fiumi, o torrenti chiamati da Plinio Hyllus, e Cryos, il forte, o impetuoso il primo, e pietroso il secondo derivando Hyllus da silla, sillan, silni, forza, forte, e Cryos da Kraj, lido sassoso. Gli antichi solevano al s sostituire l'h aspirata, ed in cambio di Sylli, dire Hylli.

Vi è ancora in questa provincia il famoso monte Mimas, ed il Corycus, o Coryceon di Plinio. Il Mimante or Capo Stillari è promontorio, e monte nel tempo stesso, come cel' attesta chiaramente Plinio (c) Si rileva inoltre dall' istesso Plinio, che Mimas propriamente era chiamato il promontorio Corineo, che faceva parte del monte, e che per un lunghissimo tramite si estendeva lungo la sottoposta pianura. Mimo in Illirico, donde si formò Mimas, è una preposizione, che corrisponde alle Latine ad, juxta, secundum, o propter mare, per esempio, flumen, littus, lungo il mare, lunghesso il fiume, il lido. Mimas vuole adunque dire un monte, alle falde del quale si camminava per un lungo tratto di strada. Il Corico, che era in vicinanza del Mimante, o forse la sommità, o vetta del medesimo fra le città di Teo, e di Eritra, fu detto da Strabone mons excelsus, monte eccelso. Corycus pertanto deriva evidentemente dall' Illirico gori, in alto, o da gora, monte.

Ma eccoci nella Caria, dove si offre allo sguardo la città di Jassus, o Jasus, come meglio si ha dai codici di Mela, e di Plinio. Era questa città così vicina a terra, che Pli

(a) Colophon .... quo sinus clauditur. (c) Promontorium Coryceon, mons Mi
Mela 1. 1. c. 17., & Plinius l. 5. c. 29. Ab Epheso Mantejum aliud Colophoniorum, & intus ipsa Colophon Haleso adfluente.
mas CCL passuum excurrens, atque in continentibus campis residens .... Aleon fluvius, Corineum Mimantis promontorium. Fbi sup.
(6) Lib. 12.

Plinio, e Tolommeo non la giudicarono posta in un isola, come infatti lo era. Strabone ne indica la posizione come estremamente bassa (a). Da ciò si raccoglie indubitatamente, che fu così detta dalla voce jas, che significa Poragine, o luogo assai basso, e profondo. Il sinus Jasius, presso cui giaceva, ne ebbe perciò l'istessa denominazione. Su questo seno eravi la città per nome Bargilia, ed i suoi abitanti erano chiamati Bargileta da barg, e bargilast, monte, montani. Bargasa città marittima non molto lontana da Bargila prese il suo nome dalla istessa origine.

Tolommeo fra Mindo, ed Alicarnasso sui confini della Caria verso la Doride colloca il promontorio Scopia con una città di tal nome. Per l'Illirico vi sono e delle città, e dei luoghi molti, che chiamansi Sokopglje, Sckopia, ed Usckopglje.

La rinomatissima città di Kνίδος, Cnidos, ο Gnidos, come si ha appresso Plinio, era posta nell'ultima estremità, o, come dice Mela, in cornu della penisola, dove dal mare Icario si sparge, e si diffonde il seno Ceramico. Senza dubbio Gnidus fu così appellata dalla Tracia voce gnisdo, o gnjesdo, nido, tale facendola apparire la sua situazione.

Trovavansi ancora nell'interno della Caria le seguenti città, cioè Mylasa, la piacevole, da mila, o militi; mentre al dir di Strabone giaceva in una amenissima, ebella pianura; Crangos rammentata da Plinio, che deriva da gran, grana, confine, estremità, e Nysa, la posta in basso da nisok, niscia, la bassa, come lo era nella Lidia altra città di tal nome, la di cui bassa posizione ci viene attestata da Strabone, mentre la colloca alla falda del monte Mesogi (6).

La Lidia, o Meonia non è meno ricca di Traco-Frigie denominazioni. E' nota a tutti la città di Sardi, che era posta in un fianco del monte Tmolo, ed irrigata dal fiume Pattolo. Sardnost, e sarditi, donde si ebbe Sardes, e Sardiani, esprime quella nobile, e generosa fierezza, colla quale si diportano le città, ed i popoli bellicosi. Tali appunto ci sono dipinti dalla storia non solo gli abitanti di Sardi, ma di tutta la Lidia.

Magnesia presso il monte Sipilo fu parimenti una città di gran grido. E' celebre nelle istorie quell' orribile tremuoto, che sotto il regno di Tiberio la dirocco con tante altre belle città dell' Asia minore. Io credo potersene perciò ripetere il nome da mugna, mugnati, fulmine, fulminare, dall'essere stata fabbricata in un luogo soggetto a preferenza d'ogni altro in quelle contrade agli effetti delle meteore.

Non lungi da Tiatira vi era il piano detto Ircano. I Geografici ci parlano quivi della città Mostena, e dei suoi abitanti appellati Mosteni. Alla voce most, mosta, ponte si dee senza fallo ascrivere la loro denominazione. Così nell' Herzegovina, o Bossina inferiore un superbo ponte fabbricato a tempo dei Romani, ed ancora intatto sul fiume Narenta diede il nome di Mostar alla città, presso cui è fabbricato. Plinio fa menzione di un luogo paludoso in vicinanza del Caistro, che egli chiama Stagnum Pegaseum, cioè stagno da potersi passare a guado; poichè gasit, o pogasit significa passare a guado, e gojeno, o pugajeno da passarsi a guado.

Strabone pone sotto il monte Mesogi la città di Tralles. I Trallj, o Trallensi avevano a destra la vasta pianura del fiume Meandro, ed alla sinistra il monte Mesogi Tralles era una delle più ricche, e popolate città dell' Asia. Io son persuaso, che i Greci coll'aggiunta della lettera t hanno detto Tralles da rallo, ralzi, l'aratro, e gli aratori. La belle pianure arabili per l'Illirico chiamansi ralle, rallize.

Dopo i Trallj venivano le città di Gordus, di Mistaura, e di Briula. Gordus non è, che il grod, o grad degl' Illirici, città, se si badi alla traiezione della lettera r. Tolommeo prepone a Gordus l' aggiunto di Julia, e scrisse Juliagordus. Presso Gero
cle
(a) Jassus in insula sita est prejacenti (6) Nysa sita est ad Mesogidem, majocontinenti terre. Lib. 14. rem partem monti acclinata. Lib. 14.
 
cle si ba soltanto Gordus. Mastaura derivando da mast, masta, mosto, vino, e gli abitanti del di lei dist esto essendosi appellati Mastauri (Mastari), inferisco da ciò che questa citta cogli abitanti dei suoi contorni era quella, che per eccellenza si occupava intorno alle vigne, ed al vino. Strabone conferma il mio opinare, asserendo, che i distretti di Nisa, di Mastaura, del Tmolo, e del Mesogi producevano degl' isquisitissimi vini (a). Briula finalmente, o Priula, come vuole Gerocle, sembra indicare una città posta vicino a molte sorgenti, o in terreno acquoso da vritti, vrelo, vrulia, o prulia, scaturire, scaturigine.

Il Tmolus, o Timolus, ora Tmlize, il Sipylus, e Signia erano i monti più cospicui della Lidia. Il primo fu certamente detto dalle voci tamniti, tmina, essere oscuro, oscurità, ombreggiare, ombrio, dal fosco delle nebbie, o delle nuvole, che ricoprono gli alti monti, o dall'ombrio, che spande all' intorno, effetto della sua altezza. Fra Ragusa, e Stagno vi è un monte detto Tmor, che per la sua forma, e posizione non solo non arriva ad essere intieramente illuminato, ma si rende anzi notabile per l' ombrio, che a pieno giorno diffonde giù pei suoi smisurati fianchi, e per i piani, che gli stanno intorno. Tmina ne è pur la radicale. Sapendosi poi, che nei dialetti Slavi del Nord si suole aggiungere un I in varj nomi, all' opposto del Dalmatico, come, p.e., nei nomi clovich, stonko, l'uomo, il sole in cambio di cjoviek, e sunze, come dicono i Ragusei, non ci dee far specie di vedere inserita un' I nel Tmolus, o Timolus, la quale manca nel Raguseo Tmor. Il Sipylus si dee ripetere da sipati, sipgljem, spar. gere, spargo, o dal dirotto cader delle nevi, snjegh sipa, la neve cade dirottamen te, o dallo spargere, che fa, delle sue acque, quando piove. I viaggiatori ci dicono, che il Sipilo è quasi sempre ricoperto di nevi. Signje finalmente, o signja, che significa una cosa nera, fosca, od oscura per la sua altezza, o profondità propria del mare, e dei monti ha dato il nome al monte Signia.

Entriamo nella Frigia maggiore, che nuovamente si suddivide in Frigia Epitteto, ed in Frigia grande. Ritrovo adunque nella prima Nacolea, Midaium, o Mideum, e Cadi, tre città di considerazione. Nakoliti vale circondare con varj giri, onde Nacolia vorrà dire la forte, o la cinta di varj giri di mura. Anche a tempo di Ammiano Marcellino (6), e di Sozimo (c) era città forte, e rispettabile. Midaium, oppure Medeum, secondo Gerocle, o pel dolce, ed affabile tratto de' suoi abitanti, o per l'abbondanza, e ricchezza del miele, o dal nome del Tracio-Illirico Re Mida fu così chiamata da med, medena, (la dolce, l' affabile) il miele, la melata. Kadit, onde Cadi, significa profumare, cioè la celebre per i profumi.
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Nella grande Frigia poi vi sono moltissimi nomi degni di attenzione. Noi non ne possiamo accennare, che alcuni, ed anche di volo. Erano adunque città, o luoghi molto popolati Amorium detto da morit, o umorit, stancare, cioè di dificile accesso; Abrostola, obro-stol, obro-stola, da obrat, scegliere, e da stol, trono, tribunale cattedra, luogo scelto per la residenza di chi comanda, come è in oggi la città di Stolaz nel Ducato di S. Saba; Prymnesia, cioè primnoscena, l'ingrandita, la ricca; Synada come scrive Tzteze, ed Eusebio, e non Synnada, come pretende il Cellario, città rinomatissima pel suo marmo venato di striscie rosse (d) da sinut, risplendere, la fulgida, la risplendente; Melitara da mliti, mljeti, macinare, la macinatrice, o ricca di molini; Eucarpia da karpoti, o harpoti, l'alpestre, la scogliosa; Lysias da ljsati, lambire, adulare, o l'irrigata dall'acque, o la città degli adulatori; Conna, o piuttosto Cone, come appresso Gerocle, da kon, kogn (kognitz oggidì città della Bossina), cavallo, la ricca in cavalli; Druzum, o Drusum da drugh, druSi,
(a) Et Mesogis, & Tmolus, & combu

sta regio excellunt generoso Lib. 4.
vino
..
(6) Lib. 26. c. 27.
(c) Lib. 4. c. 8.
(d) Lib. 35. C, I.

ji, drusno, drusan, la socievole, l'allenta; Ducela di Tolommeo da do-cela, che arrivava sino all' estremità o di un piano, o di una collina, o di qualche altra cosa; Gazena da gasit, la paludosa; Celene antica Metropoli della Frigia, e sulle di cui rovine sorse poi Apamea, da celo, celno, e, per metatesi, celeno, che appunto significa la principale, la primaria, la capitale; Taba, & Tabenus campus da tabor, mercato, la mercantile, la traficante; Pepuza, o Pepusa da pepusna, o pepusena, la declive, la in pendio; Carina da zarina, la regale; Silæum da sila, la forte, Cydissus da cjudo, cjudessa, la mirabile; Mosgna da moch, mosge, potere, può, la potente; Attida da ataz, o otaz, il padre, la paterna, la fabbricata cioè dal Re Ati; finalmente Stectorium da setit, o sctititise, scudo, difendersi collo scude, cioè la forte, la bellicosa; nome, che in oggi viene dato ad un Casale, che al fondo di una orrida, e lunga spaccatura di monte giace sul bellissimo porto di Malfi non lungi da Ragusa, chiamandosi esso Casale in Illirico Sctetkoviza,

I fiumi, che attraversavano la grande Frigia erano i seguenti, cioè il Lycus, che può derivarsi da lisciti, o lasiti, passar oltre, o da lisati, lisem, donde lisc, e lycus, lambire, lambisco, il lambente. Altri fiumi di tal nome ritrovansi in altre provincie dell' Asia. Il Caper, o Caprus, che passava per Laodicea, fu detto il sassoso in lingua Frigia. La radicale n'è krap, o karp, krapak, o karpak, harpoti, karpoti, krapati, krapasti, che propriamente denota squamma, inegualianza, o asprezza in genere. Si adatta ai luoghi sassosi, ed ineguali, come sono i monti Carpazi così detti non dalla Greca voce καρπός, cioè dai frutti, che cola non allignano, ma bensì da krapak, come diffatti li chiamano i Polacchi. L'istessa origine ebbe l'isola Carpothus, ed il mare Carpazio pieno di aspri ineguali scogli. Omero (a) chiama questa isola Κραπάθον, Crapathum non a cagione del metro, come malamente suppone il Cellario; ma dal krapati dei Traco-Frigj.

Il Marsyas, o Marsya, che scorreva presso Apamea, o Celene, l'Obrima, e l' Orga di Plinio erano pure fiumi di questa provincia. Marsyas, ossia Marsena rjeka significa un fiume agghiacciato. Obrima deriva da obarnut, volgere, rivoltare, come è proprio delle acque. Orga infine vuole dire il forte da orga. Nejma orghe, non ha forza, dicesi anche oggi per l'Illirico.
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Finalmente il Sangaris, Sagaris, o Sangarius, ed il Gallus meritano distinta menzione. La voce Traco-Frigia hangiar, quella sorta di spada, o lungo coltello, che gl' Italiani chiamano palosso, e di cui le popolazioni specialmente mediterranee dell' Illirico vanno continuamente armate portandolo appeso alla loro fascia, o cintura, ha dato al primo il nome di fenditore, o di tagliente. I Greci, come abbiamo già rimarcato solevano cangiare l'h aspirata dei Traco-Frigj ins, siccome ce lo indica Erodoto (6) rapporto a questa voce istessa. Il fiume Gallo poi si ritrova nel vocabolo go, goli. Golo, golet, ovvero galo, galut, come appresso i Frigj, indica un luogo, od una regione incolta, senza alberi, e piante, e quale esser doveva la Galazia, allorchè la prima volta fu popolata. Gola rieka vorrebbe anche dire un fiume non molto ricco di acque.. Il Galio non è dei primarj fiumi dell' Asia.

Dissi già, che le colonie Traco-Macedoniche, o Illiriche dalla Frigia, dalla Bitinia, e dalle vaste regioni del Ponto, che Senofonte (c) chiama Tracia Asiatica, invasero le vicine provincie, e lasciarono dappertutto delle Tracie del loro idioma. Vediamo ora brevemente se ciò sia vero, principiando dalla Bitinia. Oltre i nomi già riporta

(a) Qui vero Nisyrum colebant, Crapare gestantes Ubi de morte Cyri. thumque, & Casum. Apud Cellar. (c) Locus autem, qui vocatur Calpes port. 2. p. 23. tus, est in Thracia Asiatica. De Expedit. Cyr. l. 6.
(6) Messagete ex equis præliantur.... Sangares, hoc est pugiones de mod

portati, ve ne sono degli altri. Tali sono, p. e., le due città col di nome Prusias, Prusa, Bursia, Bursias ec., una, che giaceva sulla spiaggia del Ponto Eussino, come si legge appresso Fozio (a), e che Strabone fa edificare da Filippo figliuolo di Demetrio, e l'altra, come cel'attesta l'istesso Strabone (6), nelle parti infra terra presso il monte Olimpo fabbricata da un certo Prusia, o da Annibale, secondo Plinio (c). Checchè ne sia dei loro edificatori, esse sono città di antichissima data, e traggono il loro nome dalla Frigia voce brusit, nabrusit, ammucchiare, accumulare, ciò, che indica essere state celeberrimi emporj, dove concorrevano merci da tutta l' Asia, come ancora oggidì cel prova l'ultima sotto l'impero degli Ottomani. Chi amasse poi di derivarne il no me da prufit, (prusena) dovrebbe intendere con ciò la sua vasta estensione. Il Ducato di Prusia in Germania ebbe posteriormente dai Geto-Sarmati l'istessa appellazione.
 
Strabone (d) parlando dei luoghi naturalmente fortificati sul monte Olimpo, ci nomina un castello detto Gordu Comen noto pure a Plinio (e) sotto l'istesso nome, e sot to quello di Juliopolis. La radicale ne è grad kameni, fabbrica, edifizio di pietra.
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Sui confini della Bitinia, e della Galazia vi era la città chiamata Dadastana, che presso Filostorgio è detta Dedastana nobilitata dalla morte dell' Imperator Gioviano Significava il soggiorno degli avoli, degli antichi da djed, djeda l'avolo, e da stan soggiorno.

Presso il seno Astaceno sul Bosforo vi era Drepanus, o Drepane, che Costantino il grande (f) chiamò Helenopolis in onore della sua madre. Darpiti, darpagn, e, cambiato il d int, Tarpagn, ha anche il senso dl spaccare; onde Tarpagn significa luogo alpestre, e pieno di spaccature, come è il luogo di Tarpagn, o Trapani nell' isola di Ponta presso Stagno. Da questa istessa aurea etimologia ebbe il suo nome Dra. pana città della Licia, e Drepana, o Drepanum città, e promontorio della Sicilia Non lontana da Drepane in fra terra vi era Lybissa, l'amabile, da gliubit, amare. In Bossina vi è la città di Ljubigne.

Passando dalla Bitinia nella Paflagonia ritrovo fra la città di Sinope, ed il fiume Halys un luogo detto da Tolommeo Zagora, ed un piccolo fiume col nome di Zaliscus. Zagora, Zagorje denota un luogo di là dal monte, come Zaliscus da falisat, o falescjati fiume, che va leggiermente lambendo, o che giace molto al basso. Nell' interno della Paflagonia l'istesso Tolommeo chiama un altro luogo Zagira, che significa l'istesso, che Zagora.
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Il fiume Halys, che ora i Turchi chiamano Aytozu, e che nascendo dalle radici del monte Tauro divide la Cappadocia dalla Paflagonia, fu così denominato, a mio credere, dalla voce Frigia kal, kala, il fango. Scorrendo per tante pianure dell' Asia come osserva Erodoto (g), gli poteva competere una tale denominazione. Un altro fiume, che ha le sue sorgenti nella Galazia, ed anche il nome di Halys da parecchi scrittori è detto Calis, come il fiume Calete della Bitinia, di cui abbiamo parlato altrove.

Nella Galazia i Trocmi avevano le città chiamate Rastia da rastjet, la crescente, Ucena da uciti, la dotta, Ciena, o Cina da zjena, stima, la stimata, come i Tolistoboj avevano Germa da garma, la selvosa, Boleslasgum da boles, e lescjat, luogo mal sano, e Corbeus, Carvanis, o Carveunca, la città dei sanguinarj appresso i Teetosagi, da karv, il sangue.
(a) Triarius Prusiadem versus, que ad mare est, cum exercitu proficiscitur, Cod. 224.

(b) Prusa ad Olympum Mysia posita, opus est Prusie, qui cum Craso bellum gessit. Lib. 12.

(c) Intus Prusa ab Hannibale sub Olympo condita. Lib. 5. c. 32.
Fra
(d) Lib. 12.
(e) Ubi sup.
(f) Oppidum Drepanum, matrem hono-
rans, Helenopolim appellavit. Ni-
ceph. Calist. l. 7.

(g) Halys fluvius dirimit prope cuncta
Asie inferioris, Lib. I. c. 72.

Fra i molti nomi di Frigia radice, che rinvengonsi nella Cappadocia, si ponga mente alla città di Comuna nella Cataonia, e all'altra di tal nome detta Comana Pontica, rerchè situata nella regione del Ponto. La voce kam, kamena, pietra, sasso, diede il nome ad ambedue, e la prefettura, che Tolommeo chiama Chamana, e Chamaneno Strabone non ce ne lascia dubitare. Alle radici del monte Argeo vi era un luogo col nome di Dogora (a), cioè do gore, sino al monte. Cucusus (6), o Cucusos, come nell' Itinerario di Antonino, si dee ripetere da kuk, macigno, ed infine Tynna non lontana da Comana deriva da stina, o tina, grande sasso.

Ma dalla Cappadocia ripieghiamo il nostro corso nella Licaonia, e nella Pisidia. La voce mjesto, o misto presso i Dalmati significa luogo, e nei dialetti del settentrione anche città. Mistheja adunque nella Licaonia, e Misthium nella Pisidia vorranno dire luogo popolato, o città. Nella Pisidia era celebre la città di Cremna. Krem, kremena, che significa selce, e pietra focaja le ha dato il nome. Zosimo (c) non ce ne lascia in dubbio, dicendoci, che era fondata in un luogo scosceso, e dirupato. Gli abitanti della Pisidia, al dir di Strabone (d), e di Plinio (e), abitavano, per la maggior parte, le sommità del monte Tauro. Perciò trovasi fra le loro città Baris da var, fortezza per la natura del luogo, Perga, da brjegh, o berg, la montuosa; Comana, da kam, kamena, sasso, fide da sid, la costruita di sasso; Brias dall' addotto brieg, ed Aspendum, la quale, perchè Plinio (f) colloca sovra un monte, ebbe certamente il suo nome da uspinat, o uspignati-se, quasi arrampicarsi per salire dove giaceva. Il Pindasus monte della Troade, Pinara grande città della Cilicia fabbricata sul monte Casio, Pinara città della Licia (g), l'Apenninus in Italia ec. furono denominati dall'istesso vocabolo pinat, uspinati-se, salire con difficoltà, arrampicarsi.

Finalmente nella Pisidia v'era ancora Laodicea, (combusta) Slavo-dicna, la rispettabile per le imprese, per la gloria; Darsa, e Darzila, le capaci, le spaziose da darsejat, contenere, e Prostrama, o piuttosto Prostrana da prostraniti, prostrana, la vasta, la spaziosa.

La Licia è l'ultima delle regioni al di quà del monte Tauro. La maggior parte delle antiche denominazioni dei suoi luoghi sono Traco-Frigie. E' osservabile il nome del monte Cragus, che avea otto cime, o sommità, e che Plinio chiama promontorio. Kraj in Illirico ha il senso di spiaggia petrosa, ed anche di punta, o sommità. Questo monte, o promontorio era anche chiamato Chimera, a cui i Poeti, ed i Geografi (h) ascrissero tante meraviglie.

Vicino al monte Crago eranvidue altre città, Sidima, e Tlos. Ricavo il nome della prima da fid, sida, la costruita di pietra. Plinio ci attesta, che giaceva su un monte (i). Tlos deriva da ile, tala, tlima, propriamente il suolo, terreno indurito, e sodo.

E quì noi finiremo il nostro viaggło bramosi di tempo libero per poterlo continua
...
re
Perga. Lib. v. C. 27., & Arrianus Lib. 1. de Expedit. Alex. Sita est Aspendus magna ex parte in aspera, preruptaque rupe, quam Eurymedon perfluit.
(a) Vicus erat Cappadocum nomine Dacora situs in territorio Casured Ad Argeum. Somen. l. VII. C. 17. (6) Cucusi in Cappadocia. Socrat. 1. 2. c. 24. (c) Cremna... oppidum (Lycia) situm in prerupto loco, & ex parte fossis (g) Infra Cragum montem jacet Pinara, profundissimis munitum. Lib. 1. c. 69.
(d) Major Pisidarum pars extremitates (summitutes) Tauri montis tenet Lib. 12.

(e) Insident verticem Pisida. Lib. v. c. 27. (f) Side, & in monte. Aspendum....
d2
una de Lycia maximis urbibus in me-
diterraneo. Strab. ubi sup.

(h) Flagrat in Phaselitide mons Chimera,
quidem immortali diebus, ac no-
ctibus flamma. Plin. ubi sup.
(i) Sidima in monte. Ubi sup.

re per le vaste regioni del Ponto, e per quelli altri paesi dell' Asia, dove abitavano gli Sciti, ed i Cimerj, e dove si ritrovano in egual copia dei vestigj dell'antica lingua di Giafeto, e de' suoi discendenti. Dobbiamo frattanto ora esaminare, se quei vocaboli, che da Platone, e da altri scrittori furono sino a noi tramandati come vocaboli di lingua Frigia, abbiano alcuna relazione coll' idioma dei Traco- Illirici

Corrado Gesnero, ed il Boccarto sono i raccoglitori delle antiche parole Frigje. Ci dice adunque il Gesnero (a), che nella lingua dei Frigj, o Lidj il pane si chiamava Becos, Noricus l'otre, e Exis, o Exin il riccio. Quanto alla voce Becos fa d'uopo ricordarsi essere essa quell' istesso vocabolo Frigio pronunciato da quei due fanciulli, che per ordine di Psametico Re degli Egiziani erano stati allevati da una baglia muta lungi da ogni umano consorzio, e che fin dall'allora fu creduto, che la lingua Frigia fosse la più antica, ed avesse un non so che di particolare (6). Checchè ne fosse di quello esperimento, ella è tuttavia cosa certa, che il pane dai fanciulli Illirici è datt pece; che anche in oggi per l' Illirico becovaz, o begovaz (c) chiamasi quel pane, il quale dalla gente povera si forma con varia sorta di farina, e ch pech significa forno, e pechjar, o pechnik il fornajo dal verbo Illirico pechi, cuocere, o piuttosto arrostire. Io son di opinione, che come oggidì per pech s'intende soltanto il forno per cuocere il pane, quando si parla in genere; così un tempo pek significasse qualunque cottura, ed in generale la primaria, che è quella del pane. Egli è poi chiaro, che la Tedesca voce beff il fornajo, per la quale i Germani menano tanto romore facendosi consanguinei fratelli dei Frigj, e dei Lidj, e avocando a se tutta l' Asia minore, si dee ripetere dall' Illirica pech, cangiato il pin b. Perciocchè come l' odierna lingua Tedesca non ha maggior cognazione colla Scitico-Germana antica di quello, che l'abbia l' Araba, o la Messicana, ed essendo d'altronde ripiena di Geto Sarmatiche, e Traco-Illiriche voci corrotte; così anche il vocabolo beff lo ha preso dalla lingua dei Traci, o Illirici, siccome tanti altri nomi.
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e
La voce Noricus io la ritrovo nel verbo gnorit, o norit, che significa camminar sotto acqua nuotando, e che di ordinario si applica ad esseri animati. I fluidi però racchiusi nell'otre sonovi come dentro sommersi. Forse da una tale idea i Frigj chiamarono l'otre Norik, che appresso gl' Illirici si chiama mih, o mjeh. Osservo frattanto, che Nereus, e le Nereides Divinità marine, che credevansi abitar sotto le acque, ebbero il loro nome da questo verbo norit, il quale significando altresì pendere, giacere al basso diede origine ai nomi delle due regioni dette Noricum, una, che comprendeva il paese della Baviera, ed altri luoghi, e l'altra, al dir di Erbrestenio (d), che abbracciava la Bulgaria con quelle altre provincie, dove abitavano presso il Danubio gli Slavo-Bulgari, e gli Unni dopo la morte di Attila. Ma una delle foci, o bocche dell' Istro, o Danubio già fin dai tempi di Apollonio Rodio (e) portava il nome di Noricum, cioè di pendente, bassa, o precipitosa. Dall' istesso verbo norit si ha ponor, profondità, precipizio, voragine.

Finalmente il riccio appresso tutti i popoli Slavo-Illirici chiamasi Jex, o Jesc, cioè Exis, ommessa la lettera j, come praticavano i Greci, ed i Latini. Le voci raccolte dal Boccarto (f) sono le seguenti Βαγαῖος, Παπαῖος, Βεδυ, Πῦρ, Κύων, Ζέλκια, Κυβήβη, Κίκλη Αγδιςις, Σαβοῖ, Υής, Αττης. tutti vocaboli pretti Illirici. E pri
(a) Suidas in vocabulo Βεκκεος Λήνε ( ex scholiis in Aristoph.) Lydos, inquit, aut Phryges panem appellare Bexos per x simplex. Nostri quidem Germani pistorem vocant Beff... Noricum Phryges utrem appellabant. Eustathius in Dionysium.... Erinaceus Phrygum
lingua Exis, vel Exin dicitur. In Mi-
trid. v. Phryges.

(6) Herodotus l. 2.
(c) Grubissich in op. cit.
(d) In Annal. Russ.
(e) Lib. 4.
(f) In Epist. de adv. Aned in Ital.
 
E primieramente Bagaios corrisponde all' Illirico Bogh, Dio, Iddio, come Papaios a Babo il padre., cangiato in pinb.

Bedy significava acqua appresso i Frigj, ed anche aria presso i Traco-Macedoni come l'afferma Neante Ciziceno (a). Nella maggior parte dei dialetti Illirici l'acqua si chiama voda, parola, che in bocca dei Greci, per attestazione di Platone (6), diventò ύδop, ydor. Forse dal Traco-Frigio Bedi, o dall' Illirico voda nacquero poi le voci vedro, e vitar, o vjetar, la serenità, il vento, e perciò dai Macedoni sotto il vocabolo Bedi s'intendeva anche l'aria.
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Pyr, il fuoco in Greco, è parola Frigia, come dice Platone (c). Deriva essa dal verbo piriti, upiriti, purriti, o parruti, accendere, abbrustolire. Nell'interno dell' Illirico piriti ogagn significa propriamente accendere il fuoco, e di ciò, che non cresce, come per modo di provverbio si dice assai elegantemente: ni piri, ni viri, ne come il fuoco, ne come l'acqua si solleva in alto. Vritti, donde si forma vir, vale bollire, ebollizione, ossia l'acqua in azione, siccome pir, e para l'azione del fuoco, cioè il vapore della fiamma.

Kyos, o Kynes, il cane, i cani. Gi Illirici col verso kis-kis, con cui chiamano, ed accarrezzano i cani, e che s' avvicina molto al kynes, o schienne, ci dimostrano la realtà dell' asserzione di Platone. Da kis-kis hanno gli Illirici il verbo kiskati propriamente chiamare i cani, e forse il vocabolo kucjak, che significa cane nei dialetti della Dalmazia, e dell' Illirico.

Zelcia presso i Frigj denotava ogni erda buona a mangiare. L' Illirico Zeglje, Xeglje, o feglje seglja ha in oggi l'istesso significato.

Cybebe, che era la Dea Cibele, i Filologi la derivano dalla Greca voce κύβηβειν, precipitarsi giu col capo. Tale era il costume dei Sacerdoti di questa Dea, allorchè fingevano, dirò così, di essere entusiastati. Forse si può derivar questa voce dal verbo ghibut, inchinarsi, incurvarsi, ovvero da Kupat, notar sotto acqua all'uso dei palombari. Possiamo su tal proposito richiamare alla memoria le parole di Patroclo dirette a Cerbione cocchiere di Ettore, allorchè percosso da un sasso cadde giù a guisa di chi si attuffa in acqua, e nuota sotto di essa (d). Cycle era l'orsa celeste in lingua Frigia. Quell' animale, che dai Latini si chiamava hyena avente molto del cane, e del lupo, e che ora ha il nome di Jiena, dagl' Illirici è appellato Cjagagl, Cjagli. Una tale appellazione pare essere affine a quella di Cycle. I contorni di Narenta, e l'isola di Giuppana sono ripieni di siffatti animali.

Agdistis era un prenome di Cibele. I Frigj chiamavano Agdus una grande rupe della Frigia, donde favoleggiavano essere stati presi i sassi dopo il Diluvio per la riparazione del genere umano. L'oracolo di Temi diretto a Deucalione, e Pirra, e ricordatoci da Ovidio (e) può illustrare questa voce. sad, sada, o zad, zada in Illirico significa post tergum, dietro le spalle. Da varie voci solevasi toglier via l's iniziale come si è altrove veduto. Quindi sada, o ada sarà l'istesso..
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Sa
de itaque ne hoc nomen Πῦρ barbaricum sit, neque enim facile est istud Grace lingua accomodare, constatque ita hoc Phryges nominare, parum quid differentes, sicut & vocem ύδωρ, Ο Κυνὰς, idest Canes, aliaque permultu. Ibid.

(d) Pupe, profecto per quam agilis vir, cum ita facile urinatur. Hom. Iliad, (e) Ossaque post tergum magna jactate parentis. Metamor, l. 1.

Saboi era pure un prenome di Bacco anche presso i Traci, e che alludeva alle grotluoghi profondi, dove di notte si celebravano le sue feste. fabiti, saboditi, fadove di
te, e
bino, Sabieno, fabodino, o fabodjeno significa conficcare, e figuratamente essere rinchiuso, o giacere in luogo profondo. Ghdjesise fabio, dove ti sei cacciato? Sabitise u dno kuchje, ritirarsi nel più intimo della casa. Macrobio (a) in cambio di Saboi lascid scritto Sabadius, e Sabazius; nella qual voce si ritrova manifestamente l'Illirico Jaboditi, e Sabodeno. Si osservi aucora così di passaggio, che i Sabini, perchè rinchiusi, e quasi conficcati, dirò così, in luoghi bassi, e profondi, furono così chiamati da questo istesso verbo fabiti, o dal suo participio fabin, o fabjen, fabini, o fabieni, fabina, o fabiena, il lor paese.

Yes, Attes sono due voci, le quali si contenevano nell'inno Orfico, che cantavasi nella celebrazione delle Orgie. Anche Strabone cele ricorda (6). Andavano esse unite alla voce Evo, cioè Evo yes Ates, che rispondono alle Illiriche evo jes Otaz, ecce adest pater, ecco è presente il padre, cioè Dio (c).

Strabone finalmente riporta alcuni nomi spettanti ai Frigo-Paflagoni, e che convengono egualmente ai Traco-Illirici. Essi sono Bagas, Rhathoces, Zardoces, Tiberi, e Gazis, i quali corrispondono agli odierni Illirici Buga, Rados, Sardan, Divoe, e Gazo. Da questi nomi formansi i patronimici delle Illiriche famiglie Bugascinovich, Radoscevich, Sardanovich, Divoevich, e Gazich.

Sin quì intorno alla lingua dei Frigj considerata nei nomi Geografici dei luoghi, e delle città, e nei vocaboli a noi pervenuti come originariamente Frigi. Restami ora a riguardarla nelle appellazioni dei suoi Re, che per maggior chiarezza parmi dover distinguere in tre c'assi, cioè 1. in Re primitivi, ossia negl' immediati discendenti di Giafeto; 2.o in Re indigeni del luogo; 3.o in Re stranieri, ma di lingua Frigia. Incominciamo dai primi, di cui ci conservò memoria l'istessa sacra Scrittura.

Il nome di Jafet, o Giafet in Ebrajco vuol dire dilatazione, e ciò per rapporto alla di lui quasi immensa posterità, che dovevasi diffondere per i paesi ancora, che nella generale divisione della terra toccarono in sorte ai suoi fratelli. Il nome di Jafet si conservò, e fu venerando dalla più alta antichità quasi appresso ogni nazione dell' Asia, e dell' Affrica, non che dell'Europa, dove piantò le sue Colonie Gl' Illirico-Bosnesi per dire, che una cosa non è grande usano la frase nema tu, o nije ni tu jafeta.

Il nome di Gomer non è, se non l'Ebraica interpretazione della voce Frigia, e Frigj. Noi l'abbiamo veduto di sopra.
 
Magog altro figlio di Giafeto, secondo il Boccarto, deriva dall' Ebrajco mug, ciò, che signffica le pene, ed i tormenti dati a Prometeo. Perciocchè l'istoria profana fa Prometeo figlio di Giafeto. Nella lingua Illirica muca, muka ha l'istesso senso dell' Ebrajco mug, cioè di pene, e di tormenti. Ma sebbene possa esser così, io credo tuttavia, che la favola di Prometeo sia stata piuttosto coniata dall' interpretazione di questo nome, di quello, che Prometeo abbia per questo ottenuto la denominazione di Magog; poichè è da credersi, che le favole degli antichi debbano la loro origine quasi sempre alle arbitrarie significazioni di qualche antico nome. Quindi parmi cosa assai più sicura ricavar il nome di Magog dall' Illirica voce moguch. Gli Sciti col nome di Enacim nelle S. Scritture sono detti Viri famosi, & potentes a Seculo. Moguchi ha propriamente il significato d' uomini potenti. Nè è da riportarsi ad altro principio, se non a questo verbo mochi, potere, mogu, posso, mogoh, potei, mogal, o mogol, mogli, o mogoli chi ha, o aveva potuto, il nome del regno del Granmogol, e dei Mogolli Tartari, che furono di origine Scitica, o Cimeria, e che discesero dagli antichi Magogei, o Mogogei, e dei quali ci riserbiamo a parlare più diffusamente.
Sot
(a) Saturnal. c. 18. & Diod. Sicul. 1.5.c. 1. (c) Vedi il nostro opuscolo sopraccitato (6) Lib. 10.
pag. 35.

Sotto il nome di Madai nelle S. Scritture, secondo i più avveduti interpreti, s'intendono i Medi. Essi dunque sono stati così chiamati da Madai. Ma che significa questo nome? Ci venne dall' Asia, o dall' Europa! Il Calmet lo ripete dal nome dell' Emozia, o Macedonia, ed afferma appartenere ai Medi Europei, perchè, prima dei tempi di Medea, nelle S. Scritture non si rinviene il nome di Madai. Alcuni ascrivono l'origine dei Medi parte a Medo figliuolo d' Illirico, e parte alle genti Atlantiche da Ercole condotte nell' Illirico, e nella Mauritania. Strabone (a) da ai Medi anche il nome d' Indi, o per lo meno sembra congiungerli con quella antica nazione.

I Greci derivano i Medj dal figlio di Giasone, e di Medea (6). Ma ciò non coincide coll'età di Madai. Ricavano poi il nome di Medea dal Greco verbo μίδω, medo, o piuttosto dal latino medeor. Si sa d'altronde, che Medea era famosissima per le mediche cognizioni; che anzi si vuole, che anche il nome di Giasone derivi dal Greco ἱαομαι, iaomai, medico, e che per questo i Medi fossero anche detti Medici Medicorum, come in effetto lo furono riputati appresso antichissimi Scrittori.

Se ciò ha qualche ombra di verità, io supporrei, che il nome di Madai provenisse dall' Illirico med, meda, il miele. Gli antichi trattavano in guisa la medicina, che il miele entrava in molti rimedj, come cel' attesta l'istesso Ippocrate; oltre di che si servivano di esso anche semplicemente per togliere agli infermi la nausea, allorchè si davano dei rimedi amorolenti (c). Del resto è indubitato, che la gente dei Medi, o Medici esercitò veramente la medicina, siccome per testimonianza di Erodoto (d) la esercitarono gli Eneti coloni dei Medi dell' Illirico. Anche fra i popoli della Palestina eravi il popolo detto Rhaphaim, il quale, al dir dei sacri interpreti, esercitava una tale professione.

Ma evvi chi ripete il nome di Medea da μηδος medos, consiglio, o prudenza (e). Il miele nella S. Scrittura si attribuisce alle persone prudenti, giusta il detto d'Isaia (f). Quindi anche in questo senso il nome di Madai potrebbe convenire alla lingua Illirica. I saggi, e prudenti nel dialetto Illirico-Bosnese diconsi mudri, e madri nel Polacco Intanto reca sorpresa il vedere, che molti Re della Tracia, e della Frigia hanno il lor nome composto dalla voce med, meda.
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Mosè, dopo Madai, ci fa menzione di Javan, o Giavan. I di lui posteri dagl' interpreti sono riconosciuti nei Gioni, o Joni. Il lor nome è voce puramente Frigia, o Illirica. June propriamente significa vitello, o giovenco, e giovane in senso translato dalla voce Junost, gioventù (g). Il vitello presso i Greci è detto Ιταλός. Giavan sembra dunque essere l'istesso, che Italo, da cui dicesi esser stata denominata l' Italia Noi, benchè avvolta tra la favola, ne troviamo la ragione presso Ellanico di Lesbo (h). Una
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Contingunt mellis dulci, flavoque li- (h) Herculem cum Geryonis boves Argos quore. Lucret.
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(g) Slavonicum vocabulum Junost valde consonat cum Latino juventus; multe sunt alie voces tam sibi similes, ut vel Latinas quis dicat ex Slavonicis (quod mihi fit verosimilius), vel Latinis Slavonicas progeminasse, de quo, si Deus voluerit, ut vivamus, alibi fortasse plura. Koclius.
per Italiam abigeret, & Juvencus quidam ab armento resilicus, peragrata universa ora tranavisset trans fretum in Siciliam, rogitantem semper obvios ejus regionis homines, qua persequabatur juvencum, nuncubi eum

Una prova poi fondata, che i posteri di Giavan, ossia i Gioni abbiano abitato l'Italia si può ricavare dal consenso degl'interpreti, i quali sotto il nome di Cetim intendono propriamente l'Italia. Del resto i Gioni detti Jones dai Greci, e dai Latini in lingua Frigia da June erano chiamati Junzi, o Junazi, cioè giovani valorosi, giovani Eroi, i bravi; ciò, che egregiamente competeva al carattere guerriero degli antichi Gioni.
Dopo Javan viene Thubal. Insegna il Boccarto (a), che una tal voce significa la scaglia del rame, e del ferro. Tobol, Tobolaz significando presso gl' Illirici la borsa per contenere il denaro, la radicale ne sembra la medesima.

Parleremo di Mosoch quando il discorso cadrà sui Misj. Di Tira progenitore dei Traci si è già altrove a lungo favellato.

Ascenez figliuolo di Gomer non è se non l' Ascanio dei Frigj, e la Frigio-Illirica voce uskana ha dato origine ad una tale appellazione, come si è sopra dimostrato.

Riphat, o Rifat può farsi derivare dalla voce rep, o repat, che nel dialetto Illirico significa coda, o prominenza di checchessia. Presso i popoli settentrionali rep, e reput vuol dire montagna. E' da un tal vocabolo, che il Fischero (6) stima doversi ripetere la denominazione dei monti Rifei.

Non è uniforme il sentimento degl' Interpreti nell' assegnare i posteri a Togarma; roichè chi lo fa autore dei Cappadoci, e dei Germani, e chi dei Turchi. La voce Togarma sembra essere l'istessa voce garma degl' Illirici, colla quale eglino intendono un luogo alpestre, e boscoso. Poco dopo vedremo, che il vocabolo togarma, o garma può adattarsi ai Cappadoci, che Strabone chiama Arimi, o Arimei. La Germania non presentava, che boschi, e selve a tempo dell'istesso Tacito. I Germani erano detti dai Latini Hermiones, gli abitatori di un paese per lo più boscoso dall' Illirica voce garma, garmenie, garmani, garmiani, o harma, harmanie, harmani, harmiani. To gori, O-gori, donde si ha Ogorje, e fagorie, paese cismontano, e transmontano, può del pari aver dato il nome ai Turchi, abitatori anche essi, come vedremo, in quel tempo di luoghi montuosi, incolti, e pieni di boscaglie.

Dodonim fu figliuolo di Giavan, e pretendesi, non saprei con quanto di verità, che abbia popolata l'isola di Rodi. Altri lo fanno padre degl' Illirici con maggior verisimiglianza. Plinio (c) ci parla di un certo Dandone delt' Illirico, il quale visse 500 anni. Checchè ne sia, Dodonim si ritrova nella voce Illirica dundo, colla quale s'intendono non solo i fratelli del padre, o gli Zj, ma qualunque uomo avanzato in età, o vecchio.

Noi non vogliamo di più dilungarci nello spiegare altri nomi appartenenti ai posteri di Giafeto. Essi sono poco, o niente conosciuti. Non possiamo però non far osservare, che la lingua Ebrea, o Santa ha pur della relazione colla Frigia, o Traco-Illirica, e che perciò in alcuni nomi queste due lingue s'incontrano a meraviglia, come l'ha dottamente dimostrato Abramo Frenzelio (d). Le ragioni di questa analogia sono: 1.o la lingua Santa somministra dei vocaboli ad ogni altra lingua. Comunque sia accaduta la confusione delle lingue, l' Ebrajca dee considerarsi come il gran ceppo, da cui son nate tutte le altre; 2.o Egli è certo, che i Fenici negli antichi tempi penetrarono pure nell' Asia minore. Perciò da Corinna, e da Bacchilide la Caria è detta Fenicia, oltre di che v' era tradizione, che Cadmo fosse stato fatto cittadino di Mileto. 3. Quelli antichi Frigj primitivi noti sotto il nome di Anacei dal loro condottiero Anac (Junak, l'Eroe,
vidisset; illis Grecam linguam parum intelligentibus, se patriæ vocis indicio vitulum nominantibus, quomodo etiam num animal illud appellatur, appellavisse totam regionem, quam Juveocus pertransierat, Vitaliam Dionys. Halicar. Autiqq. Rom. l. 1.
il
(a) Geogr. Sacr. lib. 3. c. 12.
(6) De Orig. Hungror.
(c) Quemdam Illyricum Dandonem quin-
gentis vixisse annis. Cap. de homin.
vite longioris.
(d) De Originibus lingua Sorabica.

il forte) avevano patimenti occupata la Fenicia; 4. Finalmente Falegh, e Rehu, o Ragau di lui figlio della posterità di Semo, ed in conseguenza di lingua Ebrajca essendo dall' Asia passati in Europa colla gente loro nelle regioni della Scizia, e della Tracia di quà, e di là dell' Istro si unirono, e vissero coi discendenti di Tira padre dei Traci, e degl' Illirici (a). Contuttociò la lingua dei Frigj, e dei Traco-Illirici non resto punto pregiudicata in quanto all' essere di lingua madre da una tale unione. Perciocchè l'Illitico nulla ha di comune coll' Ebrajco idioma in fuori di alcune poche radicali. Gl' intelligenti dell'uno, e dell' altro vi hanno ravvisato un genio totalmente differente; ciò che stabilisce la vera caratteristica fra lingua, e lingua. Ma vengasi alla serie dei Re propriamente detti, i quali regnarono nell' Asia minore.

Il primo Re della Frigia maggiore, al dir di Suida, è Annaco, Nannaco, o Cannaca. Egli regnò prima del diluvio di Deucalione. Benchè sformato, si comprende non ostante, che Annaco non è se non il Jaki, o il Janko dei Traco-Illirici, che significa il forte, il valoroso. Si è già osservato, che i Greci, ed i Latini omettevano la j nelle parole straniere, dicendo p. e. est da jest, edo da ijem, echos da jekos, Ancus da Janko. Anac autore del popolo Anaceo, Inuko, che dall' Asia viene in Gre cia con una colonia d' uomini, Anchise padre di Enea, Anco Marzio sulle sponde del Tevere, Irnak uno dei figli di Attila, e l' l' Ungaro Janko Unniade in diversi tempi sì, ma dall'istessa voce Jaki, Janko, o Junak ebbero il loro nome.

Mida successe ad Annaco. Fu detto il dolce, e l'affabile da med, meda il miele, o il saggio, e prudente da mudar. Così Diomede, e Medosade Re della Tracia furono chiamati da Dio-meda, porzione, o parte di miele, e da medo-sat, favo di miele Mida ebbe una figliuola per nome Ja, che significa io in Illirico.
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Dopo Mida regnò Manic. Plutarco (6) dice, che il nome di questo principe arrivò a significare grandezza, ed Eroismo. Erasmo (c) riferisce l'istessa cosa Diffatti il suo nome voleva dire l'uomo d' intendimento da um, uma, intendimento, uman, l intelligente, man, o manic uomo, o essere intelligente. E' cosa da osservarsi, che Plutarco ci abbia conservata la terminazione di questo nome in ic, che è propria anche in oggi di tutti i dialetti Illirici.

Gordio fu successore di Manic. Egli fu rinomatissimo per aver fabbricata la città da lui detta Gordium, e per l'invenzione del tanto decantato nodo Gordiano. Il suo nome debbe senza dubbio ripetersi dal verbo grodit, gradit, e, per metatesi, gordit, fabbricare, edificare. Quindi si ha grad, o grod, città, ossia collezione di molte, e grandi fabbriche appresso gli Slavo-Illirici. Gli altri Re della Frigia maggiore presero a vicenda chi il nome di Mida, e chi di Gordio.

La Troade, o Frigia minore ebbe anche essa i suoi Re, fra quali avvene pur taluno di denominazione Illirica. Dardano, o primo, o secondo di questa dinnastia, sembra avere avuto il suo nome da dar-dan, dono datus, dato in dono. Infatti la storia ci dice, che i Trojani l' ebbero dalla Samotracia, dove regnò il suo padre Coritto, o piuttosto Goritto, il selvoso, il montano da gora, monte rivestito di qualche albero Tale dovea essere allora l'isola di Samotracia così detta come l'altra isola di Samo dalla Frigio-Tracia voce Samo, la solitaria, o quasi deserta.

Coritto, oltre Dardano, ebbe un altro figlio, ed una figliuola, cioè Jasio, ed Ar monia; quello, siccome pure il famoso Giasone dei Traco-Greci, così detto da jasniti jas, jasno, splendere, splendore, cioè il fulgido, e quella da Zara-miona, o Zaru
(a) Phalegh, & Ragau, qui cum ad Europe clima divertissent, Scythiam versus cum ipsarum gentibus coaluerunt inde ab evo Thiras, & deinceps, ex quo Thraces orti sunt. Epi
e
mil
phanius in Epist. ad Acacium, Paulum. V. G. 35. (6) De Isid. & Osir. (c) Adag. Chiliad. 1. cent. III. XXVII,
 
milna, o Zaru-miona, la cara principessa, o principessa cara al Principe suo padre, o a Cadmo suo sposo.

Dardano lasciò dopo di se un figlio col nome di Zacinto. Sacignati, sacinka significa cantare, canzone. L'invenzione della prima musica, e dei musicali instromenti, secondo Strabone, ed altri, è dovuta ai popoli dell' Asia minore.

Ma fra tutti i Re Trojani, di cui si potrebbe ora interpretare il nome, il più celebre, e noto è Priamo. Chiamavasi egli dapprincipio con Frigio-Illirica terminazione Podarcen (a) da podarciti, che significa tremare. Non saprei perchè se gl' imponesse un tal nome. So bene, che egli cadde prigione, e fu condotto in ischiavitù, dopocchè il suo padre Laodemonte fu morto da Ercole. Riscattato quindi con grossa somma di denaro da Esione (Jasiona, Jasna, la fulgida) sua sorella, ne fu perciò soprannominato Priamo dal verbo Prijatti, o primiti, donde primien, o priamien, redimere, riscattare, il redento, il riscattato.

Priamo dagli antichi è fatto padre di ben cinquanta figliuoli. Io non mi perderò intorno a tante, e così oscure genealogie. Mi basta così di volo di far osservare, che fra i nomi dei suoi figli quello di Paride, e di Polisena è pretto pretto Illirico. Racconta Cicerone (6), che ad Ecuba incinta di Paride parve in sogno di partorire una facella, o fiaccola, che abbrucciava, e rovinava Troja dalle fondamenta. Nato, che fu, si consegnò perciò ai Pastori del monte Ida senza saputa di Priamo. Anche Virgilio non trascurò questa istoriella (c). Ora para, donde si ha Paris, significa, come si è detto di sopra, il vapore del fuoco, o della fiamma. Ma ciò, che ce ne dee maggiormente persuadere, si è, che Paride aveva pure il nome di Alessandro, come sempre lo chiama Omero.

Polisena fu come un portento di beltà fra le donne Trojane. Anzi la sua bellezza fu cagione della sua morte, dopocchè Achille ne era rimasto invaghito, ed attratto. Polisena, polisana da polifat in senso figurato ha il significato di vaga, ed avvenente. Lierse padre di Antenore fu un altro Re Trojano. Era stato detto il giglietto da ljerse, piccol giglio.

Il fondatore del regno dei Lidj, al dir di Erodoto, è Masnes, o Manes così detto dalla già addotta voce um, uman, man, l'intelligente, l'uomo. Il paese, ed il popolo, di cui era Capo, prese da lui il nome di Meonia, e di Manj, Menj, o Meonj. Sotto Lido quarto Re di questa Dinnastia si cangiò il nome di Meonia, e di Meonj in quello di Lidia, e di Lidj, ma in modo analogo all' idea della prima appellazione. Perciocchè Lydus, Lydia, e Lydi deriva dal Frigio liudi, o gliudi, che anche in oggi presso gl' Illirici significa l'uomo, gli uomini. Sotto questo aspetto indipendentemente dalle tante ottime autorità, che apporta il Boccarto, ebbe ragione di dire, che il nome della Meonia, e dei Meonj era nascosto in quello di Lidia, e di Lidj.

I Meonj, secondo Strabone (d) erano dell'istessa origine dei Misj. Ciò provasi dall' istesso nome di Misia, e di Misj. Mus, musa, mufi, o musovi in Illirico significa ciò, che vuol dire vir, viri appresso i Latini, cioè uomo forte, e robusto, marito. E come vir deriva da vis, vires, la forza; così mus da moch, moscem, potere, posso, essere dotato di forza. Mosoch, o Mesech figlio di Giafeto (e), e progenitore dei Cappadoci (f), e dei Moschi, o Moscoviti ebbe il suo nome dall' istessa radicale

Ma l'istesso Strabone (g) ravvicina alla medesima origine i Misj, ed i Lidj. E con ragione; poichè Musi, o Misi ha l'istesso senso di Liudi, o Lidj, come si è di sopra vedu
(a) Apollodorus 1. 2.

(b) Vedi il Boccaccio Genealog. degli Dei.

.......& face pregnans
Cisseis regina Parin creat. l. 10. A.
neid.
(d) Iidem sunt Mysii, & Manones, & Menes. Lib. 12.
(e) Gen. 10.
(f) Ezec. 27.
(g) Lib. 12.

veduto. Da ciò si raccoglie ancora perchè i Misi (a) da alcuni Scrittori fossero riguardati come Traci, e da altri come Lidj. Del resto dalla Frigia voce Ljudi i Greci ebbero il loro daw, popolo, plebe, ed i Germani Leudes, e Luit (6).

E per nulla omettere intorno al nome dei Misj piacemi di ricordare, che Xanto Lido, e Menecrate Elaita li vogliono detti dalla Lidia voce Mysos, che significa certo; della qual sorte di alberi dicono essere stati ripieni i monti, presso cui abitavano.

Il Boccarto (c), perchè il popolo della Meonia, della Misia, e della Lidia correva perdutamente dietro ai trastulli, e giuochi, sostiene, che i Lidj fossero quindi stati così denominati dalla parola ludus, quasicchè avessero dovuto avere il loro nome dalla lingua del Lazio. Quando si dovesse menarla buona al Boccarto, noi con assai più di fondamento potremmo ricavare nell' istesso senso le denominazioni di questi popoli da altri vocaboli della Frigio-Illirica favella. Perciocchè Mahnitati, o manitati, s-muscitise, e ludovati significando propriamente esser pazzo, e quasi furioso per i giuochi, e divertimenti, verrebbe quinci a formarsi il nome dei Manj, Menj, Menonj, o Meonj, dei Misj, e dei Lidj. Ma con pace di Xanto Lido, di Menecrate Elaita, e del Boccarto i Lidj ebbero la loro appellazione da liudi, che nel dialetto Illirico significa uomini nel numero del più, i Misj da mus, cioè dalla forza fisica attributo del corpo, ed i Menj, o Meonj da um, uman, man, dall' intelletto, dal giudizio, dalla ragione; ciò, che è proprietà dell'uomo, dirò così, spirituale, o dell'anima. Nè alcuno si meravigli, che i popoli della lingua Traco-Frigia fossero così saggi nel denominare se stessi, quando dai migliori attributi dell'uomo solevano imporre il nome alle stesse città. Tale fu Umanade città della Licaonia Asiatica popolata da gente Frigia, la quale essendo stata così detta dall'addotta radicale um, uman, significava la città degli uomini d'intelletto, di giudizio, cioè di Filosofi. Tale fu Minizus, Mnizus, Mniso, o Mnizi città dei Tectosagi nella Galazia, che derivando da mniti pensare denotava la città degli uomini pensatori. Tale fu infine Ucena città dei Trocmi nella istessa Galazia, che traendo il suo nome dal participio ucen, -ucena del verbo uciti, insegnare, ammaestrare era chiamata la città degli uomini dotti, e maestri (d). I Frigj imitavano in ciò gli Ebrei, presso cui le città portavano dei consimili nomi.

Ma ritorniamo un altro poco alla serie dei Re della Lidia, da cui l'interpretazione del nome dei Meonj, dei Lidj, e dei Misj ci aveva alquanto allontanati. Cotis successe a Manes. Questo Re come altri della Tracia prese il suo nome da Venere Cotytto, Dea della generazione appresso i Frigj, e Traco-Greci, e chiamata così dal Frigio, e Tracio vocabolo kotiti, generare, ma inteso ora della generazione dei soli animali nel dialetto Illirico. Nella Frigia Epitetto vi era la città di nome Cotyaeium, e la Collina Cotylus, che erano dette le popolose.

Atis fu figlio, e successore di Cotis. Il suo nome deriva dalla voce atz, otz, ataz, o otaz, il padre. Ebbe Atis molti figliuoli. E' da osservarsi, che uno detto Sedmun, ed Osmun un altro furono così chiamati dall' Illirico vocabolo sedmi, ed osmi, il settimo, e l'ottavo. Del resto Atis, o Otaz presso i Frigj, e gl' Illirici per antonomasia significava l' Essere Supremo, o Dio. La superstizione diede un tal nome a Baсco, che da Macrobio è perciò detto Attines, ma senzacchè egli ne intendesse il significato. Abbandono ad altri più periti di me la spiegazione dei nomi degli altri Re della Lidia, e vengo a quelli degli Sciti, che si disse essere stati coloni dei Frigj, e che sotto il nome di Aramei, e di Titani hanno pur dominato nell' Asia minore, e popolata quindi tutta l' Europa.

Pertanto Plinio (e) ci dà chiaramente a divedere, che dagli antichi gli Sciti era
no
(a) Apud Strab. Ibid. (6) Du-Cange Glossar. v. Leudes, & Lo- (d) Vid. Cellar. t. 2, ubi de his urbibus.
esch in Litterat. Celt. p. 49.
da
(c) Geogr. Sacr. l. 2. c. 12.
(e) Lib. 6. c. 17.

no anche chiamati Aramai. Strabone (a) dimostra, che questi Aramei erano gli stessi Arimi dei poeti. Finalmente Xanto Lido (6) vuole, che il paese degli Aramei esistesse nella Frigia, sebbene altri li abbiano collocati nella Siria. Checchè ne sia, io tengo per fermo, che cotesti Arimi, o Aramei siano quelli antichi Frigj, o Sciti, che dalla Frigia passarono nell' Epiro, e nella Grecia o sotto la scorta d' Inaco, che Filone (c) annovera fra i posteri di Gomero, ovvero di quell' Ercole, che, al dir di Erodoto (d) essendo e indovino, e pratico della scienza della natura ricevette da Atlante Frigio le colonne del mondo; che, secondo Cicerone, ritrovò le lettere Frigie (e), e che, a parer di Tacito (f) percorse anche la Germania.

Infatti si è già osservato, che il nome d' Inaco è originariamente Frigio, derivando da Jaki, Janko, o Junak, che vuol dire il forte, il valoroso, l' Eroe. Ercole non è, che il Harli, o Herli dei Traco-Frigj, che significa egualmente uomo prode, l'Eroe Dall' Herli Illirico gli antichi dissero Hercles, ed Hercules, ed i moderni Karlo. Dall' istesso vocabolo di Harli, Herli nacque pure il nome degli Heruli, come dall' altro Vro, Verli, o Varli quello dei Veruli, cioè popoli guerrieri.
 
Ma supposto, che gli Aramei fossero partiti dalla Siria, egli è certo, che il popolo Enacim di Siria, sotto il nome del quale s'intendevano propriamente gli Sciti, antichissimamente abitava luoghi alti, e montuosi, siccome cel' attesta l'istessa S. Scrittura Perciò quei luoghi si chiamavano Aram appresso gli Ebrei. La lor sede principale era vicino a Cariat-Arbe, da dove dicesi averli discacciati Giosuè (g). Gli antichi per Ari mos intendevano un luogo boscoso, e percosso dai fulmini (h). Cariath-Iacim da Giosuè s'interpreta per la città delle Selve. Gli Arimei adunque, o Arimi abitavano presso la città di Cariath-Lacim, e da questa città, o generalmente dai luoghi selvosi, alpestri, arsi, od abbrucciati della Siria, e della Frigia i Frigj, e gli Sciti erano stati chiamati Arimi, o Arimei.

Ed in vero la voce Arimos, ed Arimei sembra pure appartenere alla lingua dei Traco-Frigj nel senso di sopra esposto. Perciocchè siccome Giosuè disse Cariath Iacim la città delle selve; così gl' Illirici la chiamano Grad-Harm; e nuovamente come gli antichi dissero Arimos un luogo selvoso, e battuto dai fulmini, così gl' Illirici chiamano harma, o garma un luogo selvoso; tonare harmit, o garmit, e grom il ful
mine.
Ma è pur cosa notabile, che Strabone sulla testimonianza di Omero faccia degli Aramei, e degli Arabi una nazione dell' istessa origine. Parlando egli del nome degli Arabi osserva, che da molti sono pur stati detti Trogloditi, abitatori cioè di antri, e di caverne (i). Il nome loro in Illirico sembra aver l'istesso significato. Gl' Illirici chiamano gli Arabi Orapi, o Arapi dalla preposizione o, che vale in, nel, e da rapa, o rupe, antro, fossa, tana. Siccome il nome Illirico di Orapi, o Arapi deeri putarsi assai antico; così non può supporsi, che la voce rapa, o rupa derivi dalla Latina rupes, che non significa caverna, ma bensì balza, o roccia. I Ragusei danno il nome di Rupe da tempi antichissimi ad un cantone della loro città, dove in tante fosse avevano fatto dei granari sotterranei. Da rupa si ha rupicjastvo, porosità, rupiti, perforare, far dei buchi.
(a) Lib. 1., 13., 16.

(6) Apud Strab. ibid.

(c) Antiqq. Bibl.

(d) Apud Clem. Alex. Strom. I.

(e) De Nat. Deor.

(f) De Mor. Germ.

(g) Cap. II.,
13.
(h) Quod locus sylvosus est, & fulminibus
Del
tangitur, hic Arimos esse. Strab. l. 13. (i) Simul & ad id vera vocabuli significatione, idest etymologia adjuvante Quia enim terram habeant; idest antra, multi Troglodytas, quasi antricolas, quos suscipientes posteri vulgo per nominis etymologiam apertius Troglodytas dixere. Strab. l. 1.

Del resto il nome generico degli Sciti è anche esso derivato dalla lingua dei Frigj. Pochi nomi hanno avuto delle maggiori esposizioni. Nessuno però ha colpito, nè potea colpir nel segno, derivandolo da quelle lingue, a cui non apparteneva. Skitac, Skiti, Skitaci in tutti i dialetti della lingua Slavo-Illirica significa un vagabondo da skitatise, andare quà, e là errando. Un tal significato è perfettamente analogo alla vita, che costoro erano obbligati di menare, errando per le loro immense regioni, e traslocando i loro greggi, ed armenti di luogo in luogo per trasferirli dove pascoli migliori li invitavano. Una nuova prova di questo l'abbiamo da Erodoto (a), e da Plinio (6), i quali affermano, che i l'ersiani davano ai popoli della Scizia il nome di Saci da una tale voce Persiana, che significava uomini erranti, o vagabondi, quello cioè che presso l'istessa nazione Scitica denotava il vocabolo di skiti, o skitaci. Scut iu Ebrajco significa errare, ed ha della somiglianza coll' Illirico skitat. I Greci finalmente avendo inteso per popoli Nomadi, ed Amaxobj dei popoli erranti, e pecorari per eccellenza, ed avendo stimati per tali gli Sciti, col nome Greco di Nomadi, ed Amaxobj hanno trasportato, o tradotto nella propria lingua il significato del nome degli Sciti.

Erodoto, Giustino, Diodoro, Strabone, e Mela ci fanno menzione di varj Re degli Sciti, molti fra i quali hanno il loro nome Frigio, o Tracio-Illirico. Tale è, p. e., il nome di Targitaus, e dei suoi tre figliuoli Leipoxain, Arpoxain, e Coloxain. Essi corrispondono all' Illirico Tarcitav da tarcjati, correre, il cursore; a Ljeposcja, o Liposcjan da ljepos, o lipos, la bellezza, il bello; ad Arposcja, o Arposejan da arpa, o arpati, cumulo, accumulare, cioè il ricco; a Koloseja, o Kolosejan da kolo il cocchio, o il ballo, cioè l'amatore dei cocchj, o del ballo.
,
Finalmente la famosa dinnastia dei Titani, che i Greci hanno spacciato per uomini favolosi col velarne l'istoria, ma che il dotto P. l'ezron (c) ha provato essere discesi da Gomer figliuolo di Giafeto, merita ancora qualche sguardo, onde esaurire pienamente il nostro argomento. Perciocchè diconsi aver regnato nell' Asia minore. Ci limitiamo però soltanto a quelle particolarità, che c'interessano più davvicino.

Una grande colonia adunque di Saci, o Sciti due mila anni in circa prima dell' era volgare dall' Armenia maggiore fece un irruzione nell' Asia Occidentale, occupando la Frigia, e specialmente le regioni vicine al Ponto. Strabone non ignord una tale emigrazione (d). Il Capo di quella colonia era un certo Acmone, che, dopo aver fabbricata la città di Acmonia nella Frigia maggiore, morì a caccia per aver combattuto colle fiere. Egli, come ci racconta Sanconiatone (e), fu posto dai Frigj nel novero degli Iddj, lasciando per successore nel regno della Frigía un suo figlio per nome Urano. Ammogliatosi questi colla sua sorella appellata dai Greci Titea, da un tal matrimonio ebbe principio la stirpe dei Titani. Urano conquistò la Tracia, la Grecia, e l'isola di Creta dandone il governo ad un fratello, che ebbe dieci figli chiamati Cureti. Portò quindi le sue armi sino all'estremità dell'Europa, e dell' Occidente. Saturno figliuolo di Urano successe al padre, che sbalzò dal trono, e fu il primo, che assunse il titolo di Re, e le reali insegne (f). Giove rimpiazzando il suo padre Saturno portò all'ultimo grado di gloria il regno dei suoi maggiori, che dall' Eufrate arrivava sino all'estremità delle Spagne. Mercurio figlio di Giove col suo zio Dite, o Plutone popolò le provincie dell' Occidente di Titani. L' Impero dei Titani durd per ben 300 anni, essendo terminato verso il tempo, quando gl' Israeliti entrarono in Egitto, seppure è abbastanza provato ciò, che ne dice l' erudito Pezron.
(a) Lib. 7.
(6) Lib. 6. c. 17,
Ora
si sunt, eos maxime, qui sunt ad mare Euxinum. Lib. 11.
(c) Antiquité de la Nation, e de la lan-(e) Apud Euseb. Preparat. Evang. l. 1. c. 10. gue des Celtes.
(d) Saca usque ad Cappadoces progres
(f) Tertul. lib. de Corona c. 7., & Lactant. l. 1. Divin. Instit., & Tertul. de Pallio 1.4.
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Ora in tanta distanza di tempo, e fra tanti cangiamenti di lingua noi cerchiamo se il nome di qualcheduno fra cotesti Principi abbia avuto origine dal Frigio, o Tracio idioma. E cominciando dall' istesso Acmone, egli ci sembra essere stato chiamato Jakiman, o Jakmanie, l'uomo forte dalle già addotte radicali. Era Acmone figlio di Manco. Acmone avea dunque l'istesso nome del padre, coll' aggiunta però di Jaki, ciò, che caratterizzava il di lui valore nella conquista dell' Asia minore. Acmone, a rapporto di Ferecide, e dello Scoliaste di Apollonio, ebbe pure un fratello per nome Docas, compagno della sua spedizione. Docas non è se non il Frigio, o Illirico nome dohodnik dohodnika, che significa il nuovamente venuto, o arrivato, l'ospite. Perciocchè dochi, o dohoditi ha il senso di venire, di giungere. E come ad Acmone Steffano, ed Alessandro Polistore ascrivono la fondazione della città di Acmonia; così io a Docas ascrivo l'edificazione di Docimio, o Docimea nella Frigia.

Urano fu figliuolo di Acmone. In Frigio Urano, o Uranik volea dire l'uomo vigilante da uraniti, alzarsi di buon'ora, o far qualche cosa primacchè si alzi il sole Ai Greci il nome di costui significò il Cielo colla voce έρανός, Uranos. Da ciò si vede, che la colonia dei Traco-Greci denominò il cielo dall'aspetto, che esso ha, quando è ancora, dirò così, tempestato di stelle. Tale è il significato di uraniti, raniti in Illirico. Perciò Urania Dea dell' astrologia ebbe un tal nome dall' istessa etimologia, perchè di notte si supponeva vegliare, ed osservar l'aspetto dei Cieli.

Urano presso gli Aborigeni, o antichi Latini fu chiamato Calus dal suo figlio Saturno, al dir di Cicerone (a). Il nome di Calus deve dunque esser Frigio, essendo stato imposto al suo padre Urano da Saturno Principe di lingua Frigia, o Scitica. Infatti io la ritrovo nell' Illirica voce celo, la quale significa principio, od estremità di qualche cosa. La fronte, perchè è il principio, e la parte superiore del corpo umano, dicesi celo. La fune, o piuttosto l' estremità di essa chiamasi pur celo. Gorgne celo, dogne celo, l'estremità superiore, ed inferiore di qualche cosa. Calus presso i Latini era come il principio, e la sorgente, a cui si riportavano tutte le altre Deità, ciò, che intese Saturno d' indicare col chiamare Celo il proprio padre, che già aveva il nome di Urano (6). Del resto la voce Calum, il Cielo deriva pure dall' addotta voce сеlo, ma nel senso di estremità, di fine, o termine. Il Cielo è infatti come l'orizzonze, l'estremità, o la linea, che termina la nostra vista. In questo istesso senso i Ragusei hanno le belle frasi povidjeti do cela, narrare tutto sino al fine; posnatti s' cela do cela, conoscere da capo a fondo.

Urano, ossia Celo era padre dei Titani. Esidio racconta (c), che furono essi da lui così chiamati in senso di disprezzo, e di rimprovero per essere stato da loro mal corrisposto. Una tal circostanza notata da Esiodo ci fa vedere, se mal non mi appongo, che il nome dei Titani è originariamente Frigio. Dite in Illirico, o djete significa fanciullo, o figlio; da dite si forma ditetina, ed in bocca dei Greci, e dei Latini cangiato il d nella sua affine t, Titani, cattivo figlio, cattivo giovine. I Titani erano in realtà, come lo noto Orazio (d), tanti giovinastri, i quali sforniti di ogni virtù in grandezza, e forza di corpo sorpassavano tutti gli altri uomini. Perciò i Mitologi li hanno considerati come Giganti, e la S. Scrittura, che li considerò altresì sotto un tale aspetto, e come figliuoli della terra (e), ci dice, che discacciarono dai loro troni i Re delle nazioni, e divennero i padroni del mondo.

Saturno figlio di Urano, o Celo era il più giovine dei suoi fratelli, dai quali era chia
(a) De Nat. Deor. l. 3.

(b) Cicero ubi supra.

(c) Illos vero pater Titanas cognomento

vocabat, filios objurgans, magnus Ca
(d) Magnum illa terrorem intulerat Jo
vi
Fidens juventus horrida brachiis. Od. 4. 1. 3.
lus quos genuit ipse. Theogon, v. 207. (e) Tertull. Apologet. c. 10.
 
chiamato Sadorn. Dai Greci era detto χρόνος. Tutte queste tre appellazioni sono Frigie, o Illiriche. La voce satarti, stritolare, e figuratamente, distruggere, satrenik, satarnik, o satritegl, distruttore ha dato origine al nome di Saturno. Le sue imprese, e la falce, con cui si dipinge, ci mostra, che tale era il significato del suo nome appresso gli antichi. fadorn deriva da fadirati, insultare, l'insultatore. Cronos finalmente si dee ripetere da krenut, krenem, muovere, muovo. Cronos, o Saturno appresso i Traco-Greci era il tempo, che tutto abbatte, e distrugge, e che non si saprebbe concepire senza l'idea del moto.

Ed io quì potrei continuare l'interpretazione del nome di tanti personaggi, che la favola, e talora anche l'istoria ci narra essere discesi dalla stirpe dei Titani. Ma io non aggiungerò, se non poche cose ancora sul nome di Prometeo, e di Deucalione, perchè hanno del rapporto col nostro scopo. I Greci adunque ricavano il nome di Prometeo, che gli antichi riconoscevano pel padre degli Sciti, ἀπὸ τῆς προμηρείας promethias, che significa provvidenza. Primislich, o Primislio ha l'istesso significato di Prometeo appresso i Traco-Illirici. Fra i Boemi specialmente è ancora in uso questo nome, e da esso ebbe origine la città di Primislia nelle Russie. La radicale n'è promislit, pensare, riflettere, andar speculando. Prometeo fu riguardato come il primo, ed il più saggio degli uomini per l'invenzione dei comodi della vita.

Sebbene e il promethias dei Greci, e la voce Prometheus può anche meglio farsi derivare dall' Illirico verbo prometat o prometnut-se darsi il necessario moto, dirò così, per riuscire nelle grandi cose, ingegnarsi, industriarsi, essere investigatore in una parola, quale si dice essere stato Prometeo.
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Deucalione fu figliuolo di Prometeo. I Greci lo considerano come il fondatore della loro nazione. Indarno però si cercherebbe nella lingua Greca l'origine di questa Frigia parola. Ciò, che l'istoria ci dice intorno al patriarca Noè, tutto si accorda con quelle cose, che si raccontano di Deucalione. E primieramente che dagli antichi Noè sia stato preso per Deucalione, oltre l'autorità di non pochi altri rinomatissimi scrittori, abbiamo quella di Plutarco, il quale secondo i principi del gentilesimo risguardando i fatti, e le tradizioni del popolo Ebreo come favole ci dice, che la colomba lasciata dall'arca apportava a Deucalione (in vece di dire a Noè) il sicuro indizio di cattivo tempo, quando se ne entrava di bel nuovo, di tempo buono, quando se ne fuggiva via Sane qui fabulas narrant, egli dice, ii columbam ajunt ex arca emissam Deucalioni certum indicium detulisse tempestatis cum rursus ingrederetur, serenitatis cum avolasset (a). L'avvenimecto del diluvio fu troppo grande, e strepitoso perchè se ne perpetuasse la memoria anche appresso i Mitologi, e perchè a Noè venisse sostituito Deucalione. Dopo di ciò io m' induco a credere, che Deucalione abbia avuto un siffatto nome dalla Tracio-Frigia voce duga, duuga, o deuca, cangiato il primo u in e, ed assunta la 1 dagli esteri, ciò, che significa l'arco baleno, o l'iride, che, dopo il diluvio, sappiamo in segno dell'alleanza fra Dio, e l'uomo essere apparsa a Noè, ed ai suoi figliuoli.

I nomi di Xuto, di Ellene, e di Dori, che sono annoverati fra i posteri di Deucalione, sembrano vie maggiormente confermare le nostre congetture. Perciocchè per mezzo dei loro nomi si esprimono i tre colori dell'iride. Xuto infatti appresso gl' Illirici indica il colore giallo, seleno, il color verde, e dorot finalmente il colore, che tira al rossiccio. Il cavallo bajo dall' istessa voce dorot chiamasi dorat, dorata.

Eolo è parimenti ascritto fra i discendenti di Deucalione. La voce Illirica holi, hooli, ovvero ooli, lasciata l'aspirata, come praticano i Dalmato-Bosnesi, ha il significato di superbo, di gonfio, e quasi disteso dal vento. Eolo infatti era giudicato il Re dei venti dai poeti favoleggiatori. Ma ciò, che importa di osservare, si è, che da Eo10,
(a) De solert. Animal.

lo, da Dori, e da Ellene derivarono i popoli Eolj, Dorj, ed Elleni, che fiorirono nell' Asia minore, e nella Grecia.
 
Ed eccoci intanto al termine del nostro assunto. Ma cosa aveva da fare, dirà taluno, una così lunga diceria in cambio di una semplice, e sugosa prefazione? Rispondo, che se si è detto ciò, che in commendazione della lingua Illirica realmente poteva essere per lei glorioso, io posso tuttavia, malgrado il difetto della lunghezza, lusingarmi di aver in qualche modo soddisfatto al difficile impegno, di cui il Sig. Cavaliere Domenico Garagnin senza aver avuto alcun riguardo all' insufficienza, ed alla scarsezza delle mie cognizioni mi aveva incaricato, allorchè come Amministratore Generale di Ragusa, e Cattaro avendo esposto a Sua Eccell. il Maresciallo Duca di Ragusa la grande utilità, che ai popoli della lingua Slavo-Illirica apporterebbe il Dizionario Italiano-Illirico-Latino del benemerito P. Stulli, se fosse stato dato in luce, aveva ottenuto di farlo immantinenti pubblicare colle stampe. Del resto poi dove più opportunamente si sarebbero potuto collocare gli antichi pregj della lingua Illirica, di quello, che in fronte al suo dizionario, il quale dovendo passare per le mani e di quelli, che già la sanno, e di chi incomincia ad apprenderla, avrebbe agli uni, ed agli altri aggiunto dei gagliardi stimoli, ed eccitamenti, onde studiarla con critica col risalirne, dirò così, sino alla prima infanzia, e col seguirla in tutte le sue età sino al presente?
tut
La lingua Greca, e la lingua Latina senza dubbio meno antiche dell' Illirica, tocchè perfettissime riconoscono molto del loro splendore da quelle tante opere antiche, e recenti, in cui sotto tutti i possibili aspetti da valenti critici si spiega, e si il lustra la loro origine, ed i loro progressi. Le lingue moderne dei più colti popoli Europei non hanno, che invidiare alle antiche in questo genere. La sola lingua Illirica e dai nazionali, e dagli esteri si è fino ad ora totalmente perduta di vista. Eppure la storia dei suoi popoli, e la sua filologia presenta un campo infinitamente più vasto, e spazioso, più ricco, ed abbondante di quello di qualunque altro idioma. La luce, che ella può spargere sull'antica Geografia di una gran parte dell' Asia, e di tutta l' Europa, parrebbe incredibile, se questo istesso scritto, qualunque esso si sia, non ne fosse un' evidente prova. Si aggiungano ancora i stretti rapporti, che la lingua Illirica ha colle altre lingue morte, e viventi; rapporti, che chiariti, e verificati, come conviene, aprono all' erudito un nuovo mondo relativamente all'origine delle lingue, della mitologia, e di molte antiche invenzioni, e ritrovati.

Che vi vuole dunque di più per impegnare l'abilità dei di lei profondi conoscitori, onde sbarbicare da un terreno, che è della miglior indole, e natura, gli sterpi, e gli spini, che pullullando da ogni lato impunemente lo infestano, e lo sfigurano? Al chiarore di un raggio benchè piccolo di luce sogliono i saggi scuoprire dei paesi sconosciuti. L'argomento è della massima importanza. Non ha guari, che un nazionale (a) lo ha fatto conoscere ad una saputissima Accademia al di là dell' Alpi. Giova dunque sperare, che qualcheduno fra i letterati Illirici trasportato dall' amore della propria lingua, ed eccitato dai nostri deboli sforzi vorrà entrare con coraggio in questa difficile, ed onorata carriera.
4.
i
(a) Memoire sur la langue, & les meurs des Peuples Slaves; par M. le Comte
de Sorgo de Raguse, Membre de l'Academie celtique.
 

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